Una cosa che ho osservato oggi e a cui, effettivamente non avevo pensato: a viso coperto, la percezione di quello che dicono gli altri cambia in modo incredibile.
Ovvio, direte, ma in realtà non ci si pensa. Normalmente facciamo affidamento su una pletora di segnali con i quali andiamo ad integrare la comprensione di quello che le persone ci vogliono dire. Il problema è che, essendo quasi tutti noi essenzialmente visivi, interpretiamo il senso delle parole che ci vengono dette soprattutto in base alle espressioni (macro e micro) del volto, solo che in questo periodo, lo abbiamo frequentemente coperto dalla mascherina e quindi dobbiamo ricordarci che non è detto che gli altri capiscano quello che vogliamo dire.
Oggi per esempio, sono entrato in un ufficio postale. L’addetto mi ha detto che per una certa spedizione avevo bisogno di compilare un modulo, che non sapevo fosse necessario.Senza scendere in particolari inutili, vi dico che mi è venuto da ridere perchè in quel momento ho capito che non avevo in realtà mai fatto quel tipo di spedizioni.
Senza accorgermene, proprio perchè stavo ridendo e con la mascherina addosso mi mancava un po’ l’aria, ho alzato leggermente il volume della voce e l’impiegato mi ha detto subito:
“E dai, non si arrabbi, non faccio io le regole!”
Ci ho messo un po’ a capire cosa stesse accadendo, ma poi ho realizzato che avevo la mascherina e quindi lui non poteva vedere che stavo sorridendo. Glielo ho detto e la cosa è finita lì. Però ho chiesto quale fosse stato il segnale che gli aveva fatto capire che fossi incavolato e lui mi ha risposto: “La voce”.
Quindi facciamo qualche esempio pratico per chiarirci (nel video mostro come si può facilmente non comprendere quello che è il nostro sentire quando il volto è coperto).
Ecco, detto questo, il mio invito è quello di stare molto attenti a quello che diamo per scontato: quando il nostro viso è coperto, è oggettivamente molto inferiore il numero e la qualità dei segnali comunicativi che emettiamo quindi occorre in qualche modo supplire.
Personalmente ho trovato utile “dire” quello che mi sta accadendo sotto la mascherine. Per esempio, se faccio una battuta, una considerazione ironica o altro, prima di farla dico “Sottotitoli per i non vedenti: sotto la mascherina sto sorridendo”. In questo modo l’emotivo della persona si sintonizza, per così dire, sulla qualità corretta.
Ho trovato utile anche “disegnare” in modo virtuale con il dito sulla mascherina la forma delle labbra in modo che passi subito un segnale visivo.
Ovviamente occorre essere svegli e gestire le nostre emozioni con più attenzione del solito, quando ci troviamo dall’altro lato della conversazione. Ascoltiamo con attenzione, guardiamo la persona negli occhi, osserviamo la postura. E se non capiamo, dobbiamo assolutamente chiedere spiegazioni. Banalmente: “Era una battuta, vero?”. In ogni caso, prima di trarre conclusioni (e ridaje) ricordiamoci che ci manca un pezzo bello grosso di segnali rispetto al solito, quindi calma e diamo il tempo al nostro sentire di cogliere quello che abitualmente (purtroppo) non siamo abituati a cogliere: la qualità di quello che ci stanno dicendo.
Evitiamo anche di basarci su un solo segnale (come nel mio caso ha fatto l’addetto alle poste basandosi solo sulla voce), perchè è un sistema troppo impreciso. Diamoci il tempo di sentire e tutto sarà più facile. E questo potrebbe essere un insospettato vantaggio per il futuro: abituandoci ad ascoltare la qualità comunicata, quando gli attuali ostacoli saranno rimossi, avremo appreso un modo in più per comprendere l’espressione altrui e anche uno per esprimerci in modo diverso, per trasmettere il nostro sentire in modo più preciso, efficace e comprensibile. E scusate se è poco!
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Con la mascherina addosso attenzione agli equivoci!
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Una cosa che ho osservato oggi e a cui, effettivamente non avevo pensato: a viso coperto, la percezione di quello che dicono gli altri cambia in modo incredibile.
Ovvio, direte, ma in realtà non ci si pensa. Normalmente facciamo affidamento su una pletora di segnali con i quali andiamo ad integrare la comprensione di quello che le persone ci vogliono dire. Il problema è che, essendo quasi tutti noi essenzialmente visivi, interpretiamo il senso delle parole che ci vengono dette soprattutto in base alle espressioni (macro e micro) del volto, solo che in questo periodo, lo abbiamo frequentemente coperto dalla mascherina e quindi dobbiamo ricordarci che non è detto che gli altri capiscano quello che vogliamo dire.
Oggi per esempio, sono entrato in un ufficio postale. L’addetto mi ha detto che per una certa spedizione avevo bisogno di compilare un modulo, che non sapevo fosse necessario.Senza scendere in particolari inutili, vi dico che mi è venuto da ridere perchè in quel momento ho capito che non avevo in realtà mai fatto quel tipo di spedizioni.
Senza accorgermene, proprio perchè stavo ridendo e con la mascherina addosso mi mancava un po’ l’aria, ho alzato leggermente il volume della voce e l’impiegato mi ha detto subito:
“E dai, non si arrabbi, non faccio io le regole!”
Ci ho messo un po’ a capire cosa stesse accadendo, ma poi ho realizzato che avevo la mascherina e quindi lui non poteva vedere che stavo sorridendo. Glielo ho detto e la cosa è finita lì. Però ho chiesto quale fosse stato il segnale che gli aveva fatto capire che fossi incavolato e lui mi ha risposto: “La voce”.
Quindi facciamo qualche esempio pratico per chiarirci (nel video mostro come si può facilmente non comprendere quello che è il nostro sentire quando il volto è coperto).
Ecco, detto questo, il mio invito è quello di stare molto attenti a quello che diamo per scontato: quando il nostro viso è coperto, è oggettivamente molto inferiore il numero e la qualità dei segnali comunicativi che emettiamo quindi occorre in qualche modo supplire.
Personalmente ho trovato utile “dire” quello che mi sta accadendo sotto la mascherine. Per esempio, se faccio una battuta, una considerazione ironica o altro, prima di farla dico “Sottotitoli per i non vedenti: sotto la mascherina sto sorridendo”. In questo modo l’emotivo della persona si sintonizza, per così dire, sulla qualità corretta.
Ho trovato utile anche “disegnare” in modo virtuale con il dito sulla mascherina la forma delle labbra in modo che passi subito un segnale visivo.
Ovviamente occorre essere svegli e gestire le nostre emozioni con più attenzione del solito, quando ci troviamo dall’altro lato della conversazione. Ascoltiamo con attenzione, guardiamo la persona negli occhi, osserviamo la postura. E se non capiamo, dobbiamo assolutamente chiedere spiegazioni. Banalmente: “Era una battuta, vero?”. In ogni caso, prima di trarre conclusioni (e ridaje) ricordiamoci che ci manca un pezzo bello grosso di segnali rispetto al solito, quindi calma e diamo il tempo al nostro sentire di cogliere quello che abitualmente (purtroppo) non siamo abituati a cogliere: la qualità di quello che ci stanno dicendo.
Evitiamo anche di basarci su un solo segnale (come nel mio caso ha fatto l’addetto alle poste basandosi solo sulla voce), perchè è un sistema troppo impreciso. Diamoci il tempo di sentire e tutto sarà più facile. E questo potrebbe essere un insospettato vantaggio per il futuro: abituandoci ad ascoltare la qualità comunicata, quando gli attuali ostacoli saranno rimossi, avremo appreso un modo in più per comprendere l’espressione altrui e anche uno per esprimerci in modo diverso, per trasmettere il nostro sentire in modo più preciso, efficace e comprensibile. E scusate se è poco!
Ci si vedrà in giro!
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