Questo argomento mi è stato sollevato da una cara persona costretta a stare a distanza dal proprio partner in questo periodo di quarantena.
E’ vero, ci sono i telefoni, le videochiamate, whatsapp, telegram etc. etc. ma c’è una cosa che in questo momento è praticamente impossibile da avere: il contatto fisico, la presenza reciproca a contatto d’aura, una carezza, un abbraccio… tutto ciò che normalmente rappresenta il 99% della comunicazione in questo momento è sostanzialmente negato, se non per coloro che abitano sotto lo stesso tetto.
Prendere un caffè insieme, condividere lo spazio di un’oretta in presenza reciproca, “respirando” la qualità e la vibrazione dell’altro… tutto questo è al momento impossibile o quasi.
In queste condizioni fraintendere (e torniamo a quanto detto nei post precedenti sul “trarre le conclusioni”) è un attimo. Prendere decisioni basate su quello che, a tutti gli effetti, non ha la benché minima possibilità di essere oggettivo, non può che produrre disastri. Soprattutto perchè non c’è nessuna possibilità di confronto di persona, quel confronto indispensabile alla comunicazione perchè, con la presenza fisica, i messaggi che passano sono infinitamente di più rispetto a quelli che possono passare con qualunque altra forma di comunicazione a distanza!
E’ essenziale in questo momento non lasciarsi andare alle emozioni negative e, soprattutto, non “chiudere” rapporti, a meno che non sia assolutamente indispensabile per la propria sicurezza personale. Primo perchè non ha senso ingenerare ulteriore separazione e distanza in una situazione che già ne impone un livello poco sopportabile e, secondo, perchè rischiamo di non poter tornare indietro da quello che abbiamo, a torto o ragione, deciso di tagliare ma, ancora più importante, rischiamo di ingenerare in noi ma soprattutto negli altri (ovvero in coloro con cui litighiamo), una sofferenza inutile che sarà per giunta direttamente proporzionale a quanto li amiamo e a quanto loro amano noi e che sarà resa ancora più forte dall’impossibilità del contatto diretto.
Come dice il saggio: “Quando sei arrabbiato non prendere decisioni, quando sei felice non fare promesse… ” etc. etc. Il significato di questa frase è molto profondo, ed attiente alla capacità di non lasciarsi andare ad azioni dettate dall’emotivo del momento.
Oggi siamo incazzati, fra mezz’ora siamo felici, tra un’ora piangiamo di commozione… il nostro emotivo cambia con la stessa tumultuosità di un mare in tempesta. Ma se abitualmente con un incontro, magari anche breve, possiamo percepire l’emotivo di un’altra persona, in queste condizioni l’unico emotivo ad esistere è il nostro. Quando incontriamo una persona, che ci si creda o no, la nostra aura e la sua si fondono, generando la possibilità di uno scambio che, in queste condizioni straordinarie, non è possibile, quantomeno nell’ordinarietà.
Nelle condizioni odierne è richiesto un profondo cambiamento. Si tratta di raggiungere rapidamente la capacità di usare una volontà decisamente superiore a quel simulacro che consideriamo abitualmente tale, per dominare e mantenere stabile se non l’emotivo in sé, quantomeno le nostre azioni in conseguenza al relativo cambiare dell’emotivo in questione.
Ecco che due amanti che si trovano su convinzioni opposte, anzi che litigare come farebbero in altri momenti, lasciano cadere, letteralmente, ogni attrito. Questo non significa rinunciare alla propria capacità di pensiero quanto rinunciare, volontariamente, alle conseguenze di una differenza di opinioni.
Possiamo aiutarci anche in un modo che, per quanto apparentemente stupido, ha invece una sua funzionalità inaspettata. Prendiamo in mano un oggetto qualsiasi, e pensiamo che in esso c’è tutta la nostra chiusura (o rabbia, disappunto, delusione etc. etc.); quando ci rendiamo conto che stiamo prendendo la direzione sbagliata, semplicemente lo alziamo a mezz’aria e ricordandoci che quell’oggetto è la parte di noi che vuole chiudere, lasciamolo letteralmente cadere, dicendo ad alta voce:
“Rinuncio al conflitto”
Possiamo farlo in “diretta” (cioè di fronte alla persona con cui siamo entrati in conflitto, per esempio durante una video chiamata) ma anche in disparte, in privato, in “differita” per così dire, ripetendo la cosa più volte fino a che in noi la separazione lascerà uno spazio. A quel punto, senza aspettare, prendamo in mano il telefono o qualunque altro strumento e riprendiamo qualunque discorso abbiamo interrotto dal punto precedente a quello in cui ci sono girati i santissimi.
In parole povere, bisogna mettere in atto una volontà più oggettiva perchè sappiamo che tutto quello che lasciamo in balia delle emozioni in questo momento potrebbe non essere recuperabile in futuro.
Quando si crea una frattura tra due persone, se non c’è la possibilità di vedersi, toccarsi, condividere uno spazio, è facilissimo che si crei una vera e propria chiusura che è destinata per forza di cose a peggiorare nel tempo, spesso fino alle inevitabili conseguenze di una frattura ed una distanza insanabili.
Certo non è semplice, perchè rinunciare ad una chiusura implica rinunciare al proprio ego e questo non è sempre facile; tuttavia non solo è possibile ma una simile rinuncia nasconde, come sempre nel caso di applicazione del principio di sofferenza volontaria, una grandissima possibilità: quella di imparare a trascendere il proprio ego per rivolgerci invece sempre di più al nostro cuore, alla nostra parte più vera ed interna: e scusate se è poco!
Quindi non litighiamo, non prendiamo posizioni di chiusura. Non significa evitare il confronto quanto evitare che il confronto diventi noi.
E se pensate che questo sia qualcosa di banale, provate ad allargare l’orizzonte e provate a pensare quanto una cosa simile potrebbe rivelarsi importante quando la chiusura e la lite sono non tra due persone o due amici ma tra due paesi o nazioni.
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Vietato litigare in questo momento (amore con volontà)
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Questo argomento mi è stato sollevato da una cara persona costretta a stare a distanza dal proprio partner in questo periodo di quarantena.
E’ vero, ci sono i telefoni, le videochiamate, whatsapp, telegram etc. etc. ma c’è una cosa che in questo momento è praticamente impossibile da avere: il contatto fisico, la presenza reciproca a contatto d’aura, una carezza, un abbraccio… tutto ciò che normalmente rappresenta il 99% della comunicazione in questo momento è sostanzialmente negato, se non per coloro che abitano sotto lo stesso tetto.
Prendere un caffè insieme, condividere lo spazio di un’oretta in presenza reciproca, “respirando” la qualità e la vibrazione dell’altro… tutto questo è al momento impossibile o quasi.
In queste condizioni fraintendere (e torniamo a quanto detto nei post precedenti sul “trarre le conclusioni”) è un attimo. Prendere decisioni basate su quello che, a tutti gli effetti, non ha la benché minima possibilità di essere oggettivo, non può che produrre disastri. Soprattutto perchè non c’è nessuna possibilità di confronto di persona, quel confronto indispensabile alla comunicazione perchè, con la presenza fisica, i messaggi che passano sono infinitamente di più rispetto a quelli che possono passare con qualunque altra forma di comunicazione a distanza!
E’ essenziale in questo momento non lasciarsi andare alle emozioni negative e, soprattutto, non “chiudere” rapporti, a meno che non sia assolutamente indispensabile per la propria sicurezza personale. Primo perchè non ha senso ingenerare ulteriore separazione e distanza in una situazione che già ne impone un livello poco sopportabile e, secondo, perchè rischiamo di non poter tornare indietro da quello che abbiamo, a torto o ragione, deciso di tagliare ma, ancora più importante, rischiamo di ingenerare in noi ma soprattutto negli altri (ovvero in coloro con cui litighiamo), una sofferenza inutile che sarà per giunta direttamente proporzionale a quanto li amiamo e a quanto loro amano noi e che sarà resa ancora più forte dall’impossibilità del contatto diretto.
Come dice il saggio: “Quando sei arrabbiato non prendere decisioni, quando sei felice non fare promesse… ” etc. etc. Il significato di questa frase è molto profondo, ed attiente alla capacità di non lasciarsi andare ad azioni dettate dall’emotivo del momento.
Oggi siamo incazzati, fra mezz’ora siamo felici, tra un’ora piangiamo di commozione… il nostro emotivo cambia con la stessa tumultuosità di un mare in tempesta. Ma se abitualmente con un incontro, magari anche breve, possiamo percepire l’emotivo di un’altra persona, in queste condizioni l’unico emotivo ad esistere è il nostro. Quando incontriamo una persona, che ci si creda o no, la nostra aura e la sua si fondono, generando la possibilità di uno scambio che, in queste condizioni straordinarie, non è possibile, quantomeno nell’ordinarietà.
Nelle condizioni odierne è richiesto un profondo cambiamento. Si tratta di raggiungere rapidamente la capacità di usare una volontà decisamente superiore a quel simulacro che consideriamo abitualmente tale, per dominare e mantenere stabile se non l’emotivo in sé, quantomeno le nostre azioni in conseguenza al relativo cambiare dell’emotivo in questione.
Ecco che due amanti che si trovano su convinzioni opposte, anzi che litigare come farebbero in altri momenti, lasciano cadere, letteralmente, ogni attrito. Questo non significa rinunciare alla propria capacità di pensiero quanto rinunciare, volontariamente, alle conseguenze di una differenza di opinioni.
Possiamo aiutarci anche in un modo che, per quanto apparentemente stupido, ha invece una sua funzionalità inaspettata. Prendiamo in mano un oggetto qualsiasi, e pensiamo che in esso c’è tutta la nostra chiusura (o rabbia, disappunto, delusione etc. etc.); quando ci rendiamo conto che stiamo prendendo la direzione sbagliata, semplicemente lo alziamo a mezz’aria e ricordandoci che quell’oggetto è la parte di noi che vuole chiudere, lasciamolo letteralmente cadere, dicendo ad alta voce:
“Rinuncio al conflitto”
Possiamo farlo in “diretta” (cioè di fronte alla persona con cui siamo entrati in conflitto, per esempio durante una video chiamata) ma anche in disparte, in privato, in “differita” per così dire, ripetendo la cosa più volte fino a che in noi la separazione lascerà uno spazio. A quel punto, senza aspettare, prendamo in mano il telefono o qualunque altro strumento e riprendiamo qualunque discorso abbiamo interrotto dal punto precedente a quello in cui ci sono girati i santissimi.
In parole povere, bisogna mettere in atto una volontà più oggettiva perchè sappiamo che tutto quello che lasciamo in balia delle emozioni in questo momento potrebbe non essere recuperabile in futuro.
Quando si crea una frattura tra due persone, se non c’è la possibilità di vedersi, toccarsi, condividere uno spazio, è facilissimo che si crei una vera e propria chiusura che è destinata per forza di cose a peggiorare nel tempo, spesso fino alle inevitabili conseguenze di una frattura ed una distanza insanabili.
Certo non è semplice, perchè rinunciare ad una chiusura implica rinunciare al proprio ego e questo non è sempre facile; tuttavia non solo è possibile ma una simile rinuncia nasconde, come sempre nel caso di applicazione del principio di sofferenza volontaria, una grandissima possibilità: quella di imparare a trascendere il proprio ego per rivolgerci invece sempre di più al nostro cuore, alla nostra parte più vera ed interna: e scusate se è poco!
Quindi non litighiamo, non prendiamo posizioni di chiusura. Non significa evitare il confronto quanto evitare che il confronto diventi noi.
E se pensate che questo sia qualcosa di banale, provate ad allargare l’orizzonte e provate a pensare quanto una cosa simile potrebbe rivelarsi importante quando la chiusura e la lite sono non tra due persone o due amici ma tra due paesi o nazioni.
Ci si vedrà in giro!
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