Il garbo, questo (ormai) sconosciuto

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Duran­te le ulti­me feste, come d’al­tron­de ad ogni fine anno, mol­ti cana­li han­no ripro­po­sto i clas­si­ci film di Nata­le, spes­so vec­chi di decenni.

Una vera noia in mol­ti casi, ma in mol­ti altri no, e que­sto per­chè in mol­ti vec­chi film era rap­pre­sen­ta­to qual­co­sa che oggi sem­bra esse­re dav­ve­ro spa­ri­to dal­le nostre vite: par­lo del garbo.

Per ave­re gar­bo occor­re esse­re gen­ti­li all’in­ter­no, ave­re una dispo­si­zio­ne che non solo si ha in dota­zio­ne alla nasci­ta ma che, mol­to più spes­so, si può alle­na­re, edu­ca­re al pro­prio inter­no, esat­ta­men­te come altre qualità.

Il gar­bo è un’ar­mo­nia d’a­ni­mo, una capa­ci­tà di rispet­ta­re la vita tut­ta e anche, direi for­se soprat­tut­to, di gesti­re le pro­prie rea­zio­ni emo­ti­ve alla radice.

Nei film di cui par­la­vo sopra, mol­to spes­so era­no i nobi­li a dimo­stra­re gar­bo. Un caso? No, cer­to, per­chè il gar­bo nasce da una nobil­tà d’a­ni­mo che è figlia in par­te del­la cul­tu­ra, del­l’e­du­ca­zio­ne agli alti idea­li, alla visio­ne dila­ta­ta che, per for­za di cose, nei tem­pi anda­ti, era­no appan­nag­gio di colo­ro in pos­ses­so dei mez­zi per poter svi­lup­pa­re l’in­tel­let­to, la sen­si­bi­li­tà e la raffinatezza.

Ma oggi… oggi esi­sto­no i più sva­ria­ti mez­zi per espan­de­re il sape­re: i libri sono a dispo­si­zio­ne di mol­te per­so­ne, i con­fi­ni del­la cul­tu­ra sono più labi­li, più ridot­ti e non è più così impen­sa­bi­le vali­car­li; inter­net poi con­sen­te, o dovreb­be con­sen­ti­re, l’ac­ces­so alle infor­ma­zio­ni in modo rapi­do, eco­no­mi­co e fun­zio­na­le. Ed espan­de­re il sape­re espan­de auto­ma­ti­ca­men­te la pos­si­bi­li­tà di conoscere.

Ave­re gar­bo, ovvia­men­te non signi­fi­ca, alme­no per me, esse­re degli smi­dol­la­ti mie­lo­si. C’è gar­bo anche in una som­ma incaz­za­tu­ra, o in una rea­zio­ne for­te. Ma, e qui cre­do stia la pro­fon­da dif­fe­ren­za, rab­bia e for­za non si sca­te­na­no per futi­li moti­vi o pic­co­le discor­die. Cre­do che ci sia un momen­to in cui la rab­bia e la for­za del­la rea­zio­ne tro­va­no la loro pie­na ragion d’es­se­re e pro­prio in quel momen­to esco­no gar­bo e nobil­tà d’a­ni­mo: quan­do que­ste rea­zio­ni san­gui­gne e visce­ra­li ven­go­no con­sa­pe­vol­men­te usa­te per un alto idea­le, per la dife­sa del­la pro­pria o altrui digni­tà, per­so­na o vita… si, cre­do che anche in que­sti casi il gar­bo abbia la sua ragion d’essere.

Oggi le per­so­ne si scan­na­no per difen­de­re un pic­co­lo orti­cel­lo di con­vin­zio­ni, mol­to spes­so costrui­te su paro­le di altri o, peg­gio anco­ra, sul­la fede in qual­co­sa. E non par­lo ovvia­men­te del­la vera fede, di quel­la sor­ta di “cie­ca Cono­scen­za” che deri­va da un pro­fon­do sen­ti­re, ma del­la sem­pli­ce cre­den­za, di quel brut­to vizio di non met­te­re in dub­bio mai nul­la solo per­chè pro­vie­ne da una fon­te che, per moti­vi altret­tan­to vani, sia­mo abi­tua­ti a con­si­de­ra­re dog­ma­ti­ca­men­te credibile.

In buo­na sostan­za, il gar­bo attie­ne al cuo­re, quan­do hai impa­ra­to ad attin­ge­re ad una par­te di te un po’ più pro­fon­da. Nien­te di tra­scen­den­ta­le, sem­pli­ce­men­te quel­la par­te che, sem­pre più spes­so e sem­pre più facil­men­te, ten­dia­mo a dimen­ti­ca­re. Il gar­bo viag­gia di pari pas­so con il buon sen­so; ne è in qual­che modo il moto­re. E men­tre cre­sce pro­du­ce, per un mec­ca­ni­smo un po’ com­ples­so, una cre­sci­ta di quel­la nobil­tà inte­rio­re che nul­la ha a che vede­re con ori­gi­ni bla­so­na­te, per­chè il signi­fi­ca­to del ter­mi­ne “nobi­le” non ha nul­la a che vede­re con la discen­den­za ma con la Cono­scen­za. Nobi­le vie­ne da “nobi­lem” (ovve­ro “note­vo­le”) che a sua vol­ta ha radi­ci in “nosce­re” (ovve­ro “cono­sce­re”). In sin­te­si la Cono­scen­za ti fa Nobi­le e la Nobil­tà si espri­me con Gar­bo. Lad­do­ve, come ho det­to pri­ma, il sud­det­to gar­bo è un’at­tri­bu­to del­la mani­fe­sta­zio­ne del­la nobil­tà e non ha nul­la a che vede­re con la mitez­za o con la non violenza.

In que­sto mon­do sem­pre più smi­dol­la­to, come con­se­guen­za del­la ricer­ca di un’ar­mo­nia che anco­ra non sap­pia­mo dove sta di casa, è dif­fi­ci­le com­pren­de­re che la for­za, l’in­ten­si­tà e per­si­no la vee­men­za non han­no a che vede­re con la vio­len­za. Come dis­si tem­po fa, la vio­len­za è qual­co­sa che “vìo­la”. Per vio­la­re occor­re for­za e que­sto por­ta le per­so­ne, sem­pre più super­fi­cia­li, a con­fon­de­re la vio­len­za con la for­za ed a bol­la­re que­st’ul­ti­ma come negativa.

Lo stes­so vale per il gar­bo. Esse­re gar­ba­ti signi­fi­ca esse­re armo­ni­ci nel­la pro­pria espres­sio­ne. Ma l’ar­mo­nia non pre­clu­de ne la for­za ne tan­to­me­no l’in­ten­si­tà. Anzi: sen­za que­ste due qua­li­tà, non c’è gar­bo ma solo inca­pa­ci­tà e quin­di inu­ti­le incon­si­sten­za di una vera vita.

Noi oggi con­fon­dia­mo l’in­ca­pa­ci­tà con la gen­ti­lez­za. Esse­re gen­ti­li non signi­fi­ca esse­re debo­li, inca­pa­ci di rea­gi­re. La vera gen­ti­lez­za (e di con­se­guen­za il gar­bo) nasce quan­do è una scel­ta, non un’im­pos­si­bi­li­tà di com­por­tar­si in altro modo.

Que­sto mon­do assur­do cer­ca (pur­trop­po con pie­no suc­ces­so) sem­pre di più di tra­sfor­ma­re le per­so­ne in esse­ri inet­ti, inca­pa­ci di rea­gi­re ad un sopru­so, incul­can­do un con­cet­to fal­so e svia­to di ciò che gen­ti­lez­za e gar­bo sono dav­ve­ro. L’en­ne­si­mo sov­ver­ti­men­to del­la verità.

Impa­ra­re a discer­ne­re non è sem­pli­ce. Ci rie­sco­no in pochi ormai, ma “pochi” non signi­fi­ca “nes­su­no”.

Ci si vede in giro…

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