Facendo seguito al video di qualche tempo fa, volevo oggi parlare di un altro motivo per cui le religioni andrebbero oggi abbandonate all’istante: la questione dell’imposizione.
Nell’istante in cui una religione vuole favorire lo sviluppo umano, non dovrebbe, mai e per nessun motivo, imporre nulla che non attenga la sfera della spiritualità. Qualunque ingerenza con la vita pratica dei fedeli, o addirittura con l’apparato legislativo del paese in cui viene professata, nel momento stesso in cui avviene denuncia solo una cosa: l’avvenuto decadimento di quella religione.
Il motivo è semplice: nell’istante stesso in cui una religione inizia a decadere, si accorge che, come istituzione, perde il proprio potere. I ministri di quella religione quindi si accorgono che andranno a perdere i propri privilegi e quindi faranno qualunque cosa, essendo esseri umani, per mantenere lo status quo. E dato che qualunque evoluzione interiore o spirituale porta quasi immediatamente ad abbandonare qualunque forma religiosa, ecco che lo scopo diventa proprio quello di impedire una crescita interiore dei fedeli.
A questo proposito, la cosa ormai comune a tutte le religioni è proprio la castrazione del femminile (ovviamente nelle donne). La donna infatti, come ripetuto più e più volte in articoli scritti in passato è il vero “deus ex machina” dell’evoluzione interiore. E’ femminile il potere creativo. E’ femminile il potere di iniziare.
E dato che questo potere si esercita proprio tramite l’energia sessuale (attenzione: ho detto energia sessuale, non “trombata senza ritegno”), ecco che il modo più efficace per castrare una donna e, di conseguenza, impedire la crescita spirituale o interiore di un popolo, è proprio quello di intervenire sulla sfera della sessualità. Da qui tutta la visione becera di tutte le religioni sul sesso, o su come una donna debba comportarsi o vestirsi, all’interno di una società.
Lo ripeto: nell’istante in cui una religione arriva ad imporre usi e costumi dal punto di vista materiale, cessa di essere una religione e diventa opera la nero.
In nessun cammino di autentica crescita spirituale si troverà mai l’imposizione di alcunché, se non dal punto di vista tecnico: se vuoi crescere e andare dal punto A al punto C devi passare per forza dal punto B. Ma non per imposizione morale o etica, quanto per semplice “consecutio” tecnica. Se vuoi andare in macchina da Milano a Roma, devi fare benzina. Altrimenti non ci arrivi. Stessa cosa identica.
Ma non parliamo solo di religioni. Una società in cui una donna è costretta a sottostare a interventi di plastica facciale, a rifarsi da capo a piedi per aderire ad imposti quanti assurdi canoni di bellezza, si assiste allo stesso scempio del Chador, del Burka o del Burkini o dell’abito talare. Certo, le conseguenze pratiche sono diverse: se una donna non si rifà le tette o si toglie l’abito da suora, non va di certo incontro alle conseguenze di una donna che in Arabia Saudita si toglie il Burka (e qui una bella fetta di differenza la si trova, è evidente) ma dal punto di vista evolutivo, cambia ben poco: sempre di opera al nero trattasi.
Una religione dovrebbe intervenire per difendere una donna, per garantirle la piena libertà di esprimere sé stessa in qualunque modo o momento e non fare esattamente il contrario.
E per quanto riguarda noi, che abbiamo magari le idee un po’ più chiare, dovrebbe essere nostro dovere batterci perchè le donne siano sempre più libere e non il contrario. Vietare un Burkini o obbligare ad indossarlo sono la stessa porcata. Quello che si dovrebbe fare è far comprendere questo a quante più donne possibili. Perchè che una donna arrivi a pensare che la castrazione impostale dalla religione non solo è giusta ma è addirittura sacrosanta, non ha ragione: è arrivata semplicemente in fondo alla corsa. In qualunque paese o sotto qualunque religione questo avvenga.
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Religioni e castrazione femminile: opera al nero
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Facendo seguito al video di qualche tempo fa, volevo oggi parlare di un altro motivo per cui le religioni andrebbero oggi abbandonate all’istante: la questione dell’imposizione.
Nell’istante in cui una religione vuole favorire lo sviluppo umano, non dovrebbe, mai e per nessun motivo, imporre nulla che non attenga la sfera della spiritualità. Qualunque ingerenza con la vita pratica dei fedeli, o addirittura con l’apparato legislativo del paese in cui viene professata, nel momento stesso in cui avviene denuncia solo una cosa: l’avvenuto decadimento di quella religione.
Il motivo è semplice: nell’istante stesso in cui una religione inizia a decadere, si accorge che, come istituzione, perde il proprio potere. I ministri di quella religione quindi si accorgono che andranno a perdere i propri privilegi e quindi faranno qualunque cosa, essendo esseri umani, per mantenere lo status quo. E dato che qualunque evoluzione interiore o spirituale porta quasi immediatamente ad abbandonare qualunque forma religiosa, ecco che lo scopo diventa proprio quello di impedire una crescita interiore dei fedeli.
A questo proposito, la cosa ormai comune a tutte le religioni è proprio la castrazione del femminile (ovviamente nelle donne). La donna infatti, come ripetuto più e più volte in articoli scritti in passato è il vero “deus ex machina” dell’evoluzione interiore. E’ femminile il potere creativo. E’ femminile il potere di iniziare.
E dato che questo potere si esercita proprio tramite l’energia sessuale (attenzione: ho detto energia sessuale, non “trombata senza ritegno”), ecco che il modo più efficace per castrare una donna e, di conseguenza, impedire la crescita spirituale o interiore di un popolo, è proprio quello di intervenire sulla sfera della sessualità. Da qui tutta la visione becera di tutte le religioni sul sesso, o su come una donna debba comportarsi o vestirsi, all’interno di una società.
Lo ripeto: nell’istante in cui una religione arriva ad imporre usi e costumi dal punto di vista materiale, cessa di essere una religione e diventa opera la nero.
In nessun cammino di autentica crescita spirituale si troverà mai l’imposizione di alcunché, se non dal punto di vista tecnico: se vuoi crescere e andare dal punto A al punto C devi passare per forza dal punto B. Ma non per imposizione morale o etica, quanto per semplice “consecutio” tecnica. Se vuoi andare in macchina da Milano a Roma, devi fare benzina. Altrimenti non ci arrivi. Stessa cosa identica.
Ma non parliamo solo di religioni. Una società in cui una donna è costretta a sottostare a interventi di plastica facciale, a rifarsi da capo a piedi per aderire ad imposti quanti assurdi canoni di bellezza, si assiste allo stesso scempio del Chador, del Burka o del Burkini o dell’abito talare. Certo, le conseguenze pratiche sono diverse: se una donna non si rifà le tette o si toglie l’abito da suora, non va di certo incontro alle conseguenze di una donna che in Arabia Saudita si toglie il Burka (e qui una bella fetta di differenza la si trova, è evidente) ma dal punto di vista evolutivo, cambia ben poco: sempre di opera al nero trattasi.
Una religione dovrebbe intervenire per difendere una donna, per garantirle la piena libertà di esprimere sé stessa in qualunque modo o momento e non fare esattamente il contrario.
E per quanto riguarda noi, che abbiamo magari le idee un po’ più chiare, dovrebbe essere nostro dovere batterci perchè le donne siano sempre più libere e non il contrario. Vietare un Burkini o obbligare ad indossarlo sono la stessa porcata. Quello che si dovrebbe fare è far comprendere questo a quante più donne possibili. Perchè che una donna arrivi a pensare che la castrazione impostale dalla religione non solo è giusta ma è addirittura sacrosanta, non ha ragione: è arrivata semplicemente in fondo alla corsa. In qualunque paese o sotto qualunque religione questo avvenga.
Ci si vede in giro!
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