Sul mantra Aum ho già detto l’essenziale in un post precedente. In questo caso ho usato la tecnica detta “Kargiraa”, forse la più vicina al “throat singing” originato in Mongolia. La tecnica in questione è però più conosciuta per il suo impiego da parte dei monaci tibetani di due monasteri: Gyumei e Gyuto. In particolare quest’ultimo è arrivato alla ribalta con le esibizioni dei “Gyuto Monks”, i monaci originari di quel monastero.
A portare i Gyuto Monks in occidente è stato David Hykes. Dobbiamo a lui se questa meraviogliosa tecnica vocale è stata conosciuta dal grande pubblico in occidente.
Per quanto riguarda l’esecuzione di questa diplofonia, non è davvero possibile spiegare alcunché di tecnico. L’unico modo di imparare è: provare, provare, provare. Ma anche così… è dura, credetemi.
Poi però succede: un giorno qualcosa scatta in quella dannata laringe e il Kargiraa arriva e da quel momento non lo dimenticate più: è come andare in bicicletta, da quel punto di vista.
La vibrazione creata con questo tipo di diplofonia è di solito estremamente potente e… “permeante”, nel senso che tende a saturare vibratoriamente l’ambiente in cui viene diffusa, con una velocità quasi immediata.
La centratura che ne consegue è invariabilmente nel ventre, e spesso, specie all’inizio, proprio nel ventre si viene a creare un calore davvero sorprendente. L’energia non è un’opinione, checché chiunque possa pensare!
Buon ascolto!
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