Natura della vibrazione

E’ inte­res­san­te osser­va­re come col cam­bia­re del tem­po alcu­ni con­cet­ti, cadu­ti in disgra­zia per obso­le­scen­za cul­tu­ra­le, ten­da­no a ritor­na­re in auge.

Ad esem­pio l’e­te­re (non il nar­co­ti­co), secon­do Ari­sto­te­le era l’es­sen­za del mon­do cele­ste, ed era anche l’u­ni­co modo di spie­ga­re il com­por­ta­men­to del­la luce e di altri fat­to­ri non materiali.

Il con­cet­to di Ete­re soprav­vi­ve in occi­den­te fino a Max­well che nel­la sua teo­ria sul­l’e­let­tro­ma­gne­ti­smo ne postu­la l’e­si­sten­za come ele­men­to essen­zia­le alla pro­pa­ga­zio­ne elet­tro­ma­gne­ti­ca. Anche Lorenz, qua­ran­t’an­ni più tar­di, ne da una defi­ni­zio­ne secon­do me bel­lis­si­ma, descri­ven­do­lo come un mez­zo in asso­lu­ta quie­te rispet­to alla mate­ria, la cui inter­fac­cia con il mon­do fisi­co è rap­pre­sen­ta­ta dagli elet­tro­ni, per la loro natu­ra di par­ti­cel­le cari­che ma pri­ve di massa.

Cosa acca­de dopo Lorenz? Sem­pli­ce: dato che l’e­te­re non pote­va esse­re in alcun modo misu­ra­to, nel 1930 ven­ne dichia­ra­to uffi­cial­men­te ine­si­sten­te, gra­zie anche ad una del­le miti­che fra­si di Ein­stein, inve­ro una del­le poche che pos­so solo con­si­de­ra­re alta­men­te idio­ta, che dice sostan­zial­men­te che se qual­co­sa non può esse­re misu­ra­to allo­ra non esi­ste (così rac­con­ta la sto­ria, ma per­so­nal­men­te non cre­do che un’es­se­re di intel­li­gen­za sopraf­fi­na come Ein­stein pos­sa aver det­to una idio­zia di que­sta portata).

Quel­lo che però è par­ti­co­lar­men­te impor­tan­te nel con­cet­to di ete­re, è che una vibra­zio­ne (come nel caso del­la luce o di altre radia­zio­ni elet­tro­ma­gne­ti­che) deve per for­za tra­smet­ter­si all’in­ter­no di un mez­zo. Che sia un mez­zo mate­ria­le (come per le vibra­zio­ni sono­re) o asso­lu­ta­men­te imma­te­ria­le (come nel caso del cam­po elet­tro­ma­gne­ti­co), que­sto è evi­den­te­men­te ininfluente.

La real­tà è, alme­no cre­do, anco­ra un po’ lon­ta­na da dimo­stra­re scien­ti­fi­ca­men­te, anzi mol­to lon­ta­na e mol­to dif­fi­ci­le. Eppu­re le recen­ti evo­lu­zio­ni teo­ri­che del­la fisi­ca quan­ti­sti­ca e di alcu­ne mate­ma­ti­che di fron­tie­ra, stan­no di fat­to ripor­tan­do in auge un con­cet­to che potreb­be dav­ve­ro taglia­re la testa al toro dell’etere.

Se pren­dia­mo in con­si­de­ra­zio­ne l’i­po­te­si che “tut­to è uno”, ecco che improv­vi­sa­men­te il con­cet­to di mez­zo per la tra­smis­sio­ne di qual­si­vo­glia ener­gia diven­ta super­fluo. Se tut­to è uno infat­ti qua­lun­que cosa acca­da non può che acca­de­re ovun­que (e in qua­lun­que istan­te simultaneamente).

Un pen­sie­ro spe­cu­la­ti­vo cer­to, da cui è dif­fi­ci­le trar­re qua­lun­que dedu­zio­ne se non che qui, in que­sto nostro mon­do mate­ria­le in cui esi­sto­no solo tre dimen­sio­ni e il tem­po pare far­si dav­ve­ro gli affa­ri suoi, una vibra­zio­ne neces­si­ta di un mez­zo per trasmettersi.

Allo­ra, qua­l’è il mez­zo con cui si tra­smet­to­no le emo­zio­ni? O i pen­sie­ri? O anco­ra, qua­l’è l’ar­ca­no per cui è pos­si­bi­le tra­smet­te­re dei con­te­nu­ti da Mae­stro ad Allie­vo o più sem­pli­ce­men­te da Esse­re Uma­no ad Esse­re Umano?

Il mate­ria­li­smo scien­ti­fi­co e cer­to razio­na­li­smo esa­spe­ra­to rele­ga­no la scien­za ai cam­pi in cui la misu­ra­zio­ne è limi­ta­ta dal­lo stru­men­to tec­ni­co, ma per chi ricer­ca e fa del­la sen­si­bi­li­tà e del­la rea­liz­za­zio­ne il pro­prio per­so­na­lis­si­mo stru­men­to di esplo­ra­zio­ne del­l’u­ni­ver­so, que­sti limi­ti sem­pli­ce­men­te non sussistono.

Allo­ra la natu­ra del­la vibra­zio­ne rive­la la sua essen­za di gran­dez­za uni­ver­sa­le, sle­ga­ta dai con­cet­ti di spa­zio e tem­po, che si mani­fe­sta in mil­le modi ma che alla fine noi pos­sia­mo veri­fi­ca­re essen­zial­men­te tra­mi­te due mera­vi­glio­se enti­tà: la luce ed il suono.

Il suo­no non si pro­pa­ga nel vuo­to, que­sto è cer­to. Ma è anche vero che la luce ha un suo suo­no, sem­pli­ce­men­te le nostre orec­chie fisi­che non sono in gra­do di udir­lo. Ma se è per que­sto nep­pu­re i nostri occhi, dato che pos­sia­mo vede­re la luce solo guar­dan­do­ne la fon­te oppu­re se vie­ne rifles­sa. Nel gar­da­re tra fon­te e ogget­to illu­mi­na­to i nostri occhi non per­ce­pi­sco­no nul­la. Eppu­re la luce esi­ste ugualmente.

E chi pra­ti­ca seria­men­te un Man­tra sa anche che l’ef­fet­to si mani­fe­sta spes­so anche se il man­tra vie­ne ripe­tu­to anche solo men­tal­men­te. Un suo­no nel­la men­te può met­te­re in vibra­zio­ne il nostro inte­rio­re allo stes­so modo che se venis­se pro­dot­to ad alta voce. Non sem­pre, ma spesso.

La natu­ra del­la vibra­zio­ne è for­se uno degli aspet­ti più affa­sci­nan­ti che sal­ta­no agli occhi stu­dian­do l’u­so del suo­no, que­sta miste­rio­sa enti­tà che tut­ti dia­mo per scon­ta­ta sem­pli­ce­men­te per­chè non cono­scia­mo il silen­zio vero ma che, nel momen­to in cui ces­sa, rive­la la pro­pria essen­zia­le natura.

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