Il silenzio spaventa perchè ti tocca ascoltarti…

Una sim­pa­ti­ca noti­zia sul Cor­rie­re Onli­ne, in cui si descri­ve come mol­te per­so­ne, immer­se in un silen­zio asso­lu­to in una came­ra appo­si­ta (dice­si “ane­coi­ca”), nor­mal­men­te usa­ta per sco­pi di ricer­ca, dopo mas­si­mo tre quar­ti d’o­ra non ne pos­so­no più.

La cosa non stu­pi­sce e non dovreb­be, in effet­ti. Sia­mo tal­men­te adu­si ad un livel­lo di inqui­na­men­to acu­sti­co che tro­var­ci immer­si nel silen­zio risul­ta esse­re un’e­spe­rien­za sconvolgente.

Ma dav­ve­ro è solo una que­stio­ne lega­ta al rumo­re “fisi­co”, a quel­lo spe­ri­men­ta­bi­le con le orecchie?

Io cre­do che ci sia ben altro, sot­to. Quan­do si par­la di silen­zio, si par­la di assen­za di suo­ni. Ma il suo­no, come ho det­to mol­te vol­te, è un caso par­ti­co­la­re del­la vibrazione.

Tro­var­si sen­za suo­ni ester­ni diven­ta un’e­spe­rien­za par­ti­co­la­re per­chè oltre a quel­li ven­go­no a man­ca­re anche mol­te del­le vibra­zio­ni di varia ori­gi­ne che abi­tual­men­te ci bom­bar­da­no. Un suo­no non è solo la pro­pa­ga­zio­ne di un rumo­re ma, essen­do essen­zial­men­te LA vibra­zio­ne, potra con sé anche mol­to di ciò che lo genera.

Ergo, quan­do ci tro­via­mo immer­si nel caos del­la nostra vita, oltre alle orec­chie fisi­che, anche altre orec­chie ven­go­no “assor­da­te”.

L’uo­mo, inte­so come esse­re uma­no, non è più abi­tua­to ad ascol­ta­re in sen­so lato, e nep­pu­re ad ascol­ta­re se stes­so in sen­so più stret­to. A que­sta “disa­bi­tu­di­ne” col­la­bo­ra­no mol­ti aspet­ti; all’e­ster­no i rumo­ri, all’in­ter­no le vibra­zio­ni che tali rumo­ri por­ta­no con sé.

Ascol­ta­re le pro­prie sen­sa­zio­ni in pro­fon­di­tà, come dico­no sostan­zial­men­te tut­te le disci­pli­ne o le filo­so­fie sul­la ricer­ca inte­rio­re, è un’o­pe­ra­zio­ne che impli­ca obbli­ga­to­ria­men­te la pre­sen­za di un ele­men­to fon­da­men­ta­le: il silenzio.

Silen­zio fisi­co, sicu­ra­men­te, ma anche e soprat­tut­to silen­zio men­ta­le. In una came­ra ane­coi­ca, i rumo­ri pro­ve­nien­ti dal cor­po diven­ta­no gli uni­ci udi­bi­li e quin­di ci tro­via­mo di col­po davan­ti ad un’u­ni­ver­so acu­sti­co sconosciuto.

Ma anche i pen­sie­ri, quel rumo­re esclu­si­va­men­te men­ta­le in cui vivia­mo costan­te­men­te immer­si, diven­ta un fra­stuo­no assor­dan­te per l’as­sen­za di altri sti­mo­li, di altre impressioni.

Per que­sto, riten­go, in con­di­zio­ni di iso­la­men­to acu­sti­co mol­te per­so­ne dopo pochi minu­ti dan­no giù di testa: per­chè nel­la vita ordi­na­ria rifug­go­no il silen­zio: quel silen­zio che inve­ce dovreb­be rap­pre­sen­ta­re una con­di­zio­ne ricer­ca­ta con costan­za cer­to­si­na ma da cui si scap­pa a gam­be leva­te per­chè, quan­do spe­ri­men­ta­to diret­ta­men­te, ti met­te impla­ca­bil­men­te di fron­te al suo­no del­la tua vita.

E se la tua vita è basa­ta sul nul­la, sul­la super­fi­cia­li­tà, su cose che non esi­sto­no o la cui pre­gnan­za è quan­to­me­no alea­to­ria, ecco che il suo­no che ti tro­vi a spe­ri­men­ta­re è ter­ri­bil­men­te dis­so­nan­te, insop­por­ta­bi­le: per­chè a quel pun­to non puoi più fare a meno di sen­ti­re quel­lo che di soli­to non senti.

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