Quello che conta, nella ricerca, non è tanto quello che si sa, quanto ciò che si è intuito di non sapere…e per questo lo si cerca.
Salvo poi scoprire che ciò che troviamo è un “tantino“ differente dall‘idea che ce n‘eravamo fatta, e che “oltre” c’è sempre qualcos’altro da scoprire.
E questo è proprio il bello della ricerca.
Il bello della ricerca è andare sempre un tantino oltre i limiti del conosciuto. Che poi è il piacere del viaggio nell’ignoto. Oltre ciò che si è percepito.
Ma cos’è la “percezione”?
Con questo termine in Occidente si intende definire “quel processo psichico che opera la sintesi dei dati sensoriali dotati di significato”.
Alla base del “processo” percettivo vi è la duplice funzione mentale di sistemare in una “categoria” gli oggetti esperiti attraverso i sensi e l’immediata “identificazione” degli stessi.
Per fare un esempio di categorizzazione e identificazione, se noi abbiamo visto decine e decine di frutti dotati di caratteristiche simili: rotondità, picciolo, colore…frutti come le mele, pere, ciliegie, arance…ci basterà vedere anche di sfuggita un frutto per “identificarlo” e porlo automaticamente e inconsapevolmente nella categoria “frutta”, con le sue sottocategorie.
E penseremo di aver identificato in modo “completo” quell’oggetto.
L’inganno e il limiti in questo processo mentale risiedono nel fatto che ci limiteremo ai “dati” acquisiti in passato sul frutto visto.
Quindi se nel mio computer mentale, alla voce “arancia”, possiedo solo sette dati: 1) colore arancione; 2) è sferica; 3) ha un picciolo; 4) mi piace, non mi piace, mi è indifferente; 5) ha un sapore agrumato; 6) attaccate al picciolo vi sono foglie verdi; 7) le migliori sono quelle della Sicilia…
Se non sono un ricercatore mi accontenterò così, o al massimo acquisirò altri dati casualmente (oppure spinto dal bisogno, come quando si comincia a porre attenzione al prezzo).
Se sono un “ricercatore”, invece, non mi accontenterò di ciò che so fino a questo momento sulle arance, ma ogni volta che me ne capiterà una tra le mani ne sentirò il peso, presterò attenzione al profumo (casomai individuando un certo odore chimico “estraneo“, guarderò con attenzione lo spessore e la porosità della buccia, ne sentirò con altrettanta attenzione il sapore e gli effetti che il suo gusto procura su di me in quel momento.
Se sono un ricercatore, in alcuni casi, non aspetterò che mi capiti casualmente un’esperienza, ma me l’andrò a procurare volutamente…
Se sono un “ricercatore” scoprirò che non vi è un’arancia uguale all’altra e che proprio grazie all’attenzione posso notare le “differenze” tra un’arancia e l’altra.
Infatti come posso sapere in anticipo se quell’arancia non è stata gonfiata artificialmente con additivi chimici e coloranti?
Come posso sapere se oggi mi piace nonostante ieri non mi sia piaciuta?
Oppure: se soppesandola noto che è troppo leggera e la buccia è molto spessa e porosa, è segno che dentro è asciutta, non ha succo…e via dicendo.
Riguardo ai limiti della percezione quello della frutta è solo un esempio tra i tanti.
Basti pensare all’inganno della prospettiva, della mancata percezione della rotazione della Terra su se stessa, dell’inganno sensoriale quando crediamo di veder ruotare il Sole attorno al nostro pianeta, o dell’idea “fissa” e stereotipata che ci facciamo di noi stessi e degli altri, dell’idea che ci siamo fatti di come va la vita (e di come andrebbe vissuta secondo i codici morali e sociali acquisiti), o dell’idea di come andrebbe vissuto un menage di coppia e di come andrebbero educati i propri figli…
Non solo.
Finché rimaniamo nel campo delle tre dimensioni le cose possono sembrare semplici e la distanza tra la realtà e l’idea che ce ne siamo fatta può apparire di poca importanza, ma se vi aggiungiamo che anche i fattori spazio-tempo (movimento e mutamento) sono anch’essi “oggetto di percezione“, le cose si complicano ulteriormente.
E gli abbagli percettivi possono assumere forme gigantesche (cosa che in effetti succede regolarmente) alterando la visione oggettiva dei fenomeni.
Secondo la psicologia della Gestalt e studi di altre Scuole vi sono diverse “leggi” percettive innate a cui siamo soggetti, volendo o nolendo.
…A un buon ricercatore scoprire quali sono e quali i loro limiti.
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