Signora con ventaglio

Avan­ti e indie­tro; for­se di tre o quat­tro­cen­to anni, in un bat­ti­to di ciglia.

Una ver­ti­gi­ne quan­do il ven­ta­glio si muo­ve davan­ti al vol­to del­la don­na e la testa si muo­ve len­ta­men­te ver­so sinistra.

Altro tem­po, stes­so cal­do: la signo­ra in nero agi­ta len­ta­men­te il ven­ta­glio davan­ti al vol­to. Len­ta­men­te: per non pro­dur­re più calo­re nel­lo sfor­zo e per non per­de­re nul­la del­la sce­na attor­no a lei.

Occhi noc­cio­la, in un bian­co qua­si azzur­ro, sem­bra­no scan­da­glia­re, son­da­re, ana­liz­za­re. Cer­ca­no qual­co­sa o qual­cu­no; for­se un segnale.

La signo­ra è sedu­ta sul­la pan­ca, ma più distan­te dal tavo­lo rispet­to agli altri. Come se si fos­se lascia­ta lo spa­zio per alzar­si di scat­to. Si aggiu­sta la mas­sa impres­sio­nan­te di capel­li neri sot­to la man­til­la, il velo fine­men­te lavo­ra­to in piz­zo e fis­sa­to sopra la nuca con un pet­ti­ne di legno pure nero, inta­glia­to da qual­cu­no in pos­ses­so di un’a­bi­li­tà sopraffina.

E’ sera, poco dopo il tra­mon­to. Il tavo­lo rico­per­to dal­la fine tova­glia di lino pog­gia le gam­be diret­ta­men­te nel­la pol­ve­re del­la Pla­za. Nome alti­so­nan­te per un sem­pli­ce spiazzo.

Nor­mal­men­te vuo­to, in quel­l’oc­ca­sio­ne è pie­no di gen­te, di per­so­ne. Sedu­te ai tavo­li come que­sto, pas­sa­no la sera­ta di festa, men­tre intor­no altri si limi­ta­no a sede­re sui gra­di­ni di mar­mo del­la chie­sa, altri anco­ra si aggi­ra­no cen­cio­si, spe­ran­do di raci­mo­la­re qual­che ele­mo­si­na dai ric­chi commensali.

Le fiac­co­le ai muri fuga­no le ombre del­la not­te per bre­vis­si­mi momen­ti, ma lo spa­zio intor­no alla Pla­za è vuo­to, invi­si­bi­le, avvol­to in una col­tre di tene­bra densa.

Oggi, qua­si come allo­ra… le per­so­ne bal­la­no poco distan­te, tra una por­ta­ta e l’al­tra. Anche gli spo­si ballano.

Solo… oggi non sia­mo in pericolo.

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Fede

oggi.…adesso…l’adesso mai domo e in peren­ne movi­men­to ver­so un avan­ti che crea col suo passaggio…il tem­po linea­re tipo quel­lo degl’anni.…ma io mi rife­ri­sco al Tem­po Ogget­ti­vo che appar­tie­ne solo ed esclu­si­va­men­te a Dio: in mate­ma­ti­ca esi­ste un sim­bo­lo (ma a quan­to vi dico ades­so, mate­ma­ti­ci e fisi­ci non ci sono anco­ra arri­va­ti) che rap­pre­sen­ta il pri­mo requi­si­to di Dio che
poten­do­Lo noi chia­ma­re anke Infi­ni­to, ecco che sal­ta fuo­ri l’8 sdra­ia­to che i mate­ma­ti­ci chia­ma­no il nume­ro Infi­ni­to, Ma io dico loro: ‘vi sba­glia­te sior e sio­re, il Nume­ro del­l’In­fi­ni­to, quin­di di Dio, è l’Uno.…

Fede

:cof­fee: