L’aria, di fatto, è la cosa che introduciamo di più nel nostro corpo. Più dell’acqua e di qualsiasi altra materia, l’aria è il primo e più importante cibo del nostro corpo.
Ma qual’è il modo corretto di respirare? Ovviamente non ce n’è uno valido per tutte le situazioni. Nella vita di tutti i giorni il nostro respiro cambia in continuazione, a seconda delle impressioni che riceviamo dall’esterno e delle variazioni fisiche cui siamo sottoposti.
La fisiologia della respirazione è una cosa particolare, qualcosa che occupa interi trattati. Allo stesso modo, nelle culture più antiche, la scienza del respiro ne occupa altrettanti.
Il controllo del respiro, inteso come utilizzo consapevole dello stesso è un cardine di qualunque disciplina, dalle più antiche alle più moderne e sportive.
Come detto prima, persino nella superficiale, esecrabile cultura fisica occidentale, il controllo del respiro occupa un posto di tutto rilievo.
Noi tendiamo a dare tutto per scontato. Compresa la respirazione, semplicemente perchè abbiamo un meccanismo che ci impedisce di smettere di respirare. Ma il respiro, al di là del fatto che accada automaticamente, ha dei comportamenti (sempre automatici) osservando i quali è già possibile trarre parecchie conclusioni, sia sul nostro stato che su quello del mondo che ci circonda.
Per fare un esempio, in caso di spavento, è naturale produrre un immediato quanto rumoroso inspiro. Il rumore è dato da un riflesso, che tende a chiudere la gola, mentre l’inspiro è prodotto da un altro, ancora più ancestrale, che induce ad inspirare come prima reazione di difesa (della serie: non so se e quando potrò respirare di nuovo…).
Subito dopo la reazione successiva, specialmente nella popolazione femminile, vi è il grido: di fatto un espiro!
Durante una crisi di ansia, o di panico, il respiro a volte va fuori controllo, innescando crisi iperventilatorie o, al contrario, insufficienza respiratoria.
Insomma, il respiro è il primo atto quando veniamo al mondo, la prima reazione a qualunque stimolo e, per finire, l’ultimo atto prima di morire. Non dovrebbe stupire quindi che intere generazioni di saggi ne abbiano fatto una scienza.
Eppure, a parte nelle discipline interiori e in alcune arti marziali (peraltro in modo assai ridotto), oggi la respirazione non fa parte delle cose che si studiano normalmente. A parte forse gli attori, anche se in modo alquanto superficiale.
Per accostarsi a questa scienza, la prima cosa da fare è: osservare. Osservare come si respira, può anche essere uno shock. Potremmo scoprire, ad esempio, che i nostri atti respiratori sono del tutto ridotti, molto brevi e frequenti e, in genere, quasi totalmente inefficienti.
Un respiro inefficiente porta quasi invariabilmente a tutta una serie di reazioni in cascata. Senza entrare in termini energetici, chiunque può rendersi conto che una scarsa o cattiva ossigenazione del sangue non è di certo qualcosa che faccia bene al corpo.
Quindi, la seconda cosa da fare, oltre all’osservazione è: respirare consapevolmente. Niente di particolare. Nessuna tecnica strana: semplicemente respirare perchè lo si vuole fare e non perchè “così fan tutti” e, nel fare ciò, stare bene attenti a quanto tempo si dedica ad ogni fase respiratoria. Inspiro, pausa, espiro, pausa. Tre fasi (di cui una ripetuta per un totale di quattro).
Tutto lì? Si, tutto qui. Ma si tratta dell’inizio di un viaggio incredibile in un mondo completamente sconosciuto.
Credo che a tutti sia nota la mia passione per i mantra. Ecco, la respirazione è un elemento fondamentale per riuscire a produrre dei mantra degni di tale nome.
Ma senza stare a scomodare altro, pensate alla possibilità di controllare il proprio stato emotivo in pochi secondi, la possibilità di trovare all’interno spazi incredibili, vere e proprie oasi di silenzio e di magia.
Tutto questo dipende da una buona capacità di respirare.
Non dal caso.
Alla prossima…
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