Concentrazione e identificazione

Con­cen­tra­re ugua­le: “Anda­re ver­so un cen­tro”. Lo dice la paro­la stessa.

Mol­ti pen­sa­no alla con­cen­tra­zio­ne come alla capa­ci­tà di pen­sa­re a qual­co­sa per un tem­po x. Una cosa che non defi­ni­rei concentrazione.

La capa­ci­tà di con­cen­trar­si infat­ti non deve obbli­ga­to­ria­men­te esse­re limi­ta­ta ad un obiet­ti­vo per vol­ta. Anzi, la con­cen­tra­zio­ne vera è esat­ta­men­te il con­tra­rio: la potrem­mo defi­ni­re uno “sta­to”.

In real­tà, con­cen­trar­si su una, due o più que­stio­ni con­tem­po­ra­nea­men­te, è la mor­te stes­sa del­la con­cen­tra­zio­ne. Infat­ti vie­ne defi­ni­ta “iden­ti­fi­ca­zio­ne”.

E’ una con­di­zio­ne faci­le da veri­fi­ca­re. Quan­te vol­te, men­tre sia­mo con­cen­tra­ti su un’at­ti­vi­tà o su qual­co­sa da fare, l’im­prov­vi­sa irru­zio­ne di un col­le­ga o di un rumo­re for­te, ci fan­no sobbalzare?

In quel momen­to il mon­do ces­sa di esi­ste­re, al di fuo­ri del­l’og­get­to del­la nostra atten­zio­ne, ma in un pro­ces­so che non ha nul­la di volon­ta­rio. Non sia­mo noi a deci­de­re di qua­li sti­mo­li occu­par­ci e di qua­li no. E’ lo sti­mo­lo stes­so che ci gher­mi­sce e ci tra­sci­na nel suo pic­co­lo infer­no pri­va­to. Tut­ta la nostra ener­gia è assor­bi­ta dal­l’at­to e tut­to il resto non ne rice­ve più.

Iden­ti­fi­car­si in un pen­sie­ro, in un obiet­ti­vo, in un sen­ti­men­to signi­fi­ca per­de­re di vista tut­to il resto. Signi­fi­ca che noi DIVENTIAMO quel­lo di cui ci occu­pia­mo. E lì è fini­ta la pre­sen­za. Chi è infat­ti pre­sen­te a quel pun­to? Non più l’os­ser­va­to­re, l’es­se­re uma­no che agi­sce, ma l’og­get­to dell’attenzione.

Il che signi­fi­ca che noi non esi­stia­mo più. Fini­ti. Kaputt.

Con­cen­trar­si signi­fi­ca a tut­ti gli effet­ti anda­re ver­so un centro.

Lo sta­to di cui par­lo è quel­lo in cui NOI sia­mo la con­cen­tra­zio­ne. Allo­ra nul­la potrà distrar­re da qual­co­s’al­tro, per­chè sarà tut­to all’in­ter­no del nostro “cam­po” di atten­zio­ne concentrata.

Ma nono­stan­te ciò che può sem­bra­re, quan­do lo sta­to di con­cen­tra­zio­ne è rea­le, la capa­ci­tà di foca­liz­za­re il pen­sie­ro su qual­sia­si cosa, anche su più cose con­tem­po­ra­nea­men­te, diven­ta incredibile.

E’ la con­di­zio­ne di pre­sen­za che deter­mi­na la facol­tà di con­cen­tra­zio­ne. Una con­cen­tra­zio­ne vera, ina­mo­vi­bi­le da fat­to­ri ester­ni o inter­ni. Non il con­tra­rio, in cui la con­sa­pe­vo­lez­za e lo spa­zio di espe­rien­za si ridu­co­no ai mini­mi ter­mi­ni e a vol­te anche oltre.

Non è ovvia­men­te uno sta­to faci­le da rag­giun­ge­re, anzi. Mi pare che miglia­ia di esse­ri uma­ni lo cer­chi­no costan­te­men­te sen­za rag­giun­ger­lo o rag­giun­gen­do­lo per perio­di di tem­po mol­to limitati.

Non per nul­la, nel­la pra­ti­ca del­la medi­ta­zio­ne, cre­do che la “tec­ni­ca” più dif­fi­ci­le da met­te­re in atto per un pra­ti­can­te sia quel­la di non usa­re nes­su­na tec­ni­ca, ovve­ro non eser­ci­ta­re la con­cen­tra­zio­ne su nul­la in par­ti­co­la­re, se non sul­la pro­pria permanenza.

Quan­do però si toc­ca que­sto sta­to, anche solo per un istan­te, ecco che si apre un nuo­vo enor­me spa­zio di espe­rien­za. Toc­ca­re una con­di­zio­ne simi­le, per quan­to bre­ve sia l’e­spe­rien­za, por­ta ine­lut­ta­bil­men­te ad un cam­bia­men­to poi­chè, pri­ma di que­sto even­to, lo sta­to in que­stio­ne è solo teo­ri­co. Ma nel momen­to in cui lo si spe­ri­men­ta, ci si ren­de improv­vi­sa­men­te con­to che esi­ste mol­to, mol­tis­si­mo da sperimentare.

Un uni­ver­so nuo­vo, uno sta­to natu­ra­le di cui “pri­ma” non si ave­va la mini­ma idea, ma che una vol­ta toc­ca­to lascia all’in­ter­no l’as­so­lu­ta cer­tez­za di aver­lo sperimentato.

Riu­sci­re a ripro­dur­lo può esse­re fati­co­so, dif­fi­ci­le (anzi, mol­to dif­fi­ci­le!) ma a quel pun­to il nostro desi­de­rio, la nostra traen­za han­no cam­bia­to defi­ni­ti­va­men­te asset­to, per­chè un lun­go viag­gio ha appe­na avu­to inizio.

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Walter

Mi pare di aver capi­to che con l’al­le­na­men­to si puo’ ave­re la con­cen­tra­zio­ne su piu’ cose, sbaglio?
For­se riguar­da l’attenzione?

Andrea G

Con­di­vi­do total­men­te. Anche il fat­to che, anche se il per­cor­so può sem­bra­re più lun­go e fati­co­so, alle­nar­si ad “esse­re con­cen­tra­ti” più che a con­cen­trar­si meglio (su qual­co­sa o su più cose con­tem­po­ra­nea­men­te) sia la via mae­stra ver­so lo svi­lup­po di rea­li capa­ci­tà di “vede­re” e “fare”.
Mi vie­ne in men­te, rispet­to alla defi­ni­zio­ne di con­cen­tra­zio­ne, ciò che “qual­cu­no” ha scrit­to in un libro: “LA CONCENTRAZIONE E’ DESIDERIO SENZA OGGETTO”.
Repu­to, per­so­nal­men­te, que­sti ulti­mi arti­co­li straor­di­na­ri. Bre­vi quan­to uti­li ed ric­chi di con­te­nu­ti e “poten­za”.…
.…con­cen­tra­ti, appunto!

Walter
Reply to  Andrea G

Scu­sa Andrea ma la mia era una solo doman­da con il ? (pun­to inter­ro­ga­ti­vo), non una affermazione.
Gra­zie ciao.

Fede

Pre­sen­za a 360 gra­di, è così geniaccio?!