Pruriti scientifici: il dualismo (Micro e Macrocosmo) di Ilia Musco

Ciò che è in bas­so è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in bas­so, per com­pie­re i mira­co­li del­la Cosa-Una”.

Erme­te Tri­sme­gi­sto (Secon­do Prin­ci­pio del­la Tavo­la Smeraldina)

Con que­sto arti­co­lo – il pri­mo di una serie dedi­ca­ta al dua­li­smo – ini­zia­mo una rifles­sio­ne per deli­nea­re un pun­to d’incontro tra scien­za e filo­so­fia, con­sa­pe­vo­li che né l’una né l’altra pos­sa­no esse­re fine a sé stes­se ma entram­be sono par­te di un uni­co per­cor­so evolutivo.

Un modo per ritor­na­re alle ori­gi­ni del­la cono­scen­za quan­do, secon­do il mito, scien­za filo­so­fia e reli­gio­ne for­ma­va­no un “uni­cum” al qua­le ave­va­no acces­so solo pochi elet­ti (ini­zia­ti, sacer­do­ti, custo­di del sape­re) i qua­li ave­va­no il com­pi­to di gui­da­re un’umanità bam­bi­na nei sui pri­mi timi­di passi.

Le leg­gi del Micro­co­smo sono spe­cu­la­ri a quel­le del Macro­co­smo, si leg­ge nel­la Tavo­la Sme­ral­di­na di Erme­te Tri­sme­gi­sto, e su que­sto postu­la­to si sono suc­ces­si­va­men­te svi­lup­pa­te le reli­gio­ni, i per­cor­si spi­ri­tua­li e le visio­ni filo­so­fi­che, da Orien­te ad Occidente.

La vita appa­re carat­te­riz­za­ta dall’esistenza di una ricor­ren­te dua­li­tà, che si mani­fe­sta attra­ver­so infi­ni­te cop­pie di ele­men­ti: gior­no-not­te, maschio-fem­mi­na, pia­ce­re-dolo­re, vita-mor­te, fini­to-infi­ni­to… Il pro­ces­so di evo­lu­zio­ne con­tie­ne al pro­prio inter­no un ter­zo ele­men­to irri­nun­cia­bi­le che dal­la con­trap­po­si­zio­ne di tesi e anti­te­si, per usa­re la ter­mi­no­lo­gia di Hegel, por­ta alla sintesi.

Si trat­ta dell’irresistibile spin­ta, insi­ta nel­la Natu­ra, al supe­ra­men­to del­la sepa­ra­zio­ne, con la fusio­ne tra gli oppo­sti, che nel­la vita ani­ma­le si mani­fe­sta attra­ver­so l’istintiva spin­ta ver­so l’accoppiamento. L’essere uma­no, all’apice del­la pira­mi­de evo­lu­ti­va, ha la pos­si­bi­li­tà di una mag­gio­re con­sa­pe­vo­lez­za di sé rispet­to al mon­do ani­ma­le. Egli infat­ti, oltre che di un cor­po gover­na­to dagli istin­ti, è dota­to di una men­te in gra­do di con­ce­pi­re l’Uni­tà, filo­so­fi­ca­men­te defi­ni­ta come un asso­lu­to imma­ni­fe­sto, e di un cuo­re in gra­do di pro­va­re una for­te spin­ta ver­so la fusio­ne nell’amore.

Quin­di, seb­be­ne la vita si mani­fe­sti attra­ver­so una mol­te­pli­ci­tà di feno­me­ni, è impor­tan­te capi­re se il mon­do che ci cir­con­da è costi­tui­to da enti­tà ben distin­te tra loro, oppu­re inter­di­pen­den­ti, in quan­to mani­fe­sta­zio­ni di una cau­sa pri­ma non diret­ta­men­te visi­bi­le. In altre paro­le, voglia­mo com­pren­de­re se la natu­ra intrin­se­ca del­la dua­li­tà sia rea­le, cioè ogget­ti­va, oppu­re, per usa­re un lin­guag­gio tipi­co del­la tra­di­zio­ne orien­ta­le, sia il risul­ta­to di una per­ce­zio­ne illu­so­ria, lega­ta al pun­to di vista sog­get­ti­vo dell’osservatore.

Sen­za la dua­li­tà non esi­ste­reb­be­ro vita e movi­men­to e sen­za movi­men­to non potrem­mo defi­ni­re il con­cet­to di tem­po. Il tem­po, infat­ti, non esi­ste in sen­so asso­lu­to ma solo in rela­zio­ne al movi­men­to, ad un pro­ces­so di cam­bia­men­to osser­va­bi­le e misu­ra­bi­le. A dif­fe­ren­za di un ipo­te­ti­co spa­zio vuo­to, che ideal­men­te pos­sia­mo imma­gi­na­re esi­sten­te a prio­ri, un tem­po vuo­to asso­lu­to cor­ri­spon­de mate­ma­ti­ca­men­te ad un sin­go­lo istan­te infi­ni­to, un non-tempo.

Dal pun­to di vista fisi­co il con­cet­to di tem­po non è anco­ra oggi com­pre­so nel­la sua inte­rez­za. A dif­fe­ren­za del movi­men­to nel­lo spa­zio tra un pun­to A e un pun­to B, in cui sia­mo libe­ri di anda­re da A a B oppu­re da B ad A, il tem­po, così come lo per­ce­pia­mo nel suo scor­re­re, può esse­re per­cor­so solo in un’unica dire­zio­ne. Que­sto feno­me­no, cono­sciu­to in fisi­ca con il nome di frec­cia del tem­po, è lega­to all’evoluzione ter­mo­di­na­mi­ca dei pro­ces­si, cioè all’impossibilità di dimi­nui­re l’entropia di un siste­ma chiu­so, che neces­sa­ria­men­te deve sem­pre aumen­ta­re, come si affer­ma nel secon­do prin­ci­pio del­la termodinamica.

Per lun­ghis­si­mo tem­po la scien­za ha con­si­de­ra­to come assio­mi incrol­la­bi­li l’indipendenza tra il sog­get­to che per­ce­pi­sce e l’oggetto dei sen­si, la sepa­ra­zio­ne tra vuo­to e mate­ria, la distin­zio­ne tra spa­zio e tem­po. Oggi comin­cia­mo a capi­re che non è così. La scien­za moder­na, gra­zie alla teo­ria del­la rela­ti­vi­tà gene­ra­le che gover­na il macro­co­smo, e alla mec­ca­ni­ca quan­ti­sti­ca che gover­na il micro­co­smo, ha rimes­so in discus­sio­ne cer­tez­ze che fino alla fine del XIX seco­lo sem­bra­va­no incrollabili.

La teo­ria del­la rela­ti­vi­tà di Ein­stein ha uni­to le tre dimen­sio­ni spa­zia­li con la dimen­sio­ne tem­po­ra­le in un’unica enti­tà qua­dri­di­men­sio­na­le, lo spa­zio-tem­po, che geo­me­tri­ca­men­te pos­sia­mo descri­ve­re attra­ver­so una gene­ra­liz­za­zio­ne qua­dri­di­men­sio­na­le del teo­re­ma di Pita­go­ra. Pos­sia­mo cioè costrui­re una gran­dez­za inva­rian­te Δs la cui strut­tu­ra mate­ma­ti­ca dipen­de dal­la geo­me­tria del­lo spa­zio tem­po che, attra­ver­so le equa­zio­ni di Ein­stein, deter­mi­na il moto dei corpi.

Nel caso più sem­pli­ce, in cui lo spa­zio tem­po sia piat­to, cioè quan­do gli effet­ti di cur­va­tu­ra dovu­ti alla gra­vi­tà sono tra­scu­ra­bi­li, la geo­me­tria del­lo spa­zio-tem­po è descrit­ta dal­la metri­ca di Min­ko­w­ski (c è la velo­ci­tà del­la luce).

Come con­se­guen­za di ciò si è com­pre­so, pri­ma a livel­lo teo­ri­co e poi spe­ri­men­tal­men­te in labo­ra­to­rio, che osser­va­to­ri non sin­cro­niz­za­ti tra loro, non appar­te­nen­ti cioè allo stes­so siste­ma di rife­ri­men­to, osser­va­no distan­ze e inter­val­li di tem­po diver­si in rela­zio­ne al mede­si­mo feno­me­no. Ciò che si con­ser­va è la lun­ghez­za del vet­to­re qua­dri­di­men­sio­na­le Δs. Ana­lo­ga­men­te mas­sa ed ener­gia van­no a for­ma­re un’unica gran­dez­za qua­dri­di­men­sio­na­le (il ten­so­re ener­gia-impul­so). La mas­sa, che nel­la fisi­ca di Gali­leo e New­ton è con­si­de­ra­ta una gran­dez­za immu­ta­bi­le, nel­la fisi­ca di Ein­stein diven­ta una for­ma di “ener­gia densificata”.

La mec­ca­ni­ca quan­ti­sti­ca si deve a fisi­ci come Schroe­din­ger e Hei­sen­berg. Il pri­mo ha dato il nome all’equazione d’onda alla base del­la teo­ria (per chi ha cono­scen­za di fisi­ca si veda la for­mu­la sot­to che descri­ve il com­por­ta­men­to quan­ti­sti­co di una sin­go­la par­ti­cel­la di mas­sa all’interno di un poten­zia­le V) men­tre il secon­do ha for­mu­la­to il prin­ci­pio di inde­ter­mi­na­zio­ne che pren­de il suo nome.

Essi dimo­stra­ro­no che le par­ti­cel­le suba­to­mi­che, come elet­tro­ni e pro­to­ni, pos­sie­do­no una natu­ra sia cor­pu­sco­la­re, in quan­to dota­te di mas­sa, sia ondu­la­to­ria, in gra­do cioè di dare ori­gi­ne a feno­me­ni di inter­fe­ren­za, che fino ad allo­ra era­no sta­ti osser­va­ti solo per le onde, le qua­li non sono for­ma­te da par­ti­cel­le discre­te, ma si gene­ra­no come tra­spo­sto con­ti­nuo di energia.

La luce, sia essa onda elet­tro­ma­gne­ti­ca, che par­ti­cel­la di mas­sa nul­la, rap­pre­sen­ta l’anello di con­giun­zio­ne tra il com­por­ta­men­to ondu­la­to­rio e quel­lo cor­pu­sco­la­re. Allo stes­so modo essa gio­ca un ruo­lo fon­da­men­ta­le nel­la strut­tu­ra geo­me­tri­ca del­lo spa­zio-tem­po. Come si rica­va anche dal­le equa­zio­ni di Max­well, che descri­vo­no il com­por­ta­men­to dei cam­pi elet­tro­ma­gne­ti­ci, la sua velo­ci­tà nel vuo­to è costan­te (cir­ca 300.000 km/s) cioè non dipen­de dal siste­ma di rife­ri­men­to rispet­to al qua­le vie­ne misurata.

E non è un caso che sia pro­prio la luce a rap­pre­sen­ta­re, dal pun­to di vista sim­bo­li­co, l’espressione più per­fet­ta del divi­no, dell’assoluto, dove la dua­li­tà di micro­co­smo e macro­co­smo tro­va infi­ne soluzione.

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Sciuscia

Stia­mo comin­cian­do ad anda­re sul difficile 🙂 ?
Inva­rian­ti, ten­so­ri del quar­to ordi­ne… we, per que­sta roba mi mastur­bo già abba­stan­za in università!

Otti­mo articolo 😉 .

vito

mol­to inte­res­san­te come let­tu­ra di ini­zio settimana!!

Alessandro

L’ar­ti­co­lo è insie­me appro­fon­di­to e acces­si­bi­le a chi cono­sce solo la mate­ma­ti­ca di base.
Leg­gen­do i vari com­men­ti mi è venu­to il corag­gio di pro­por­vi come mi pia­ce imma­gi­na­re una strut­tu­ra del­lo spa­zio­tem­po che ren­da “pos­si­bi­li” tut­te le stra­nez­ze quan­ti­sti­che e rela­ti­vi­sti­che che il sen­so comu­ne, det­ta­to dal­la nostra espe­rien­za, rifiu­ta o alme­no ha dif­fi­col­tà anche solo ad immaginare.
Imma­gi­na­te un reti­co­lo tri­di­men­sio­na­le a maglie così stret­te da ren­der­lo pra­ti­ca­men­te iso­tro­po rispet­to alla pre­ci­sio­ne del­le nostre stru­men­ta­zio­ni. Ogni cel­la ele­men­ta­re del reti­co­lo ha pra­ti­ca­men­te come spi­go­li otto “strin­ghe” che essen­do bloc­ca­te agli estre­mi oscil­la­no in tut­ti i modi pos­si­bi­li. Nel­lo spa­zio vuo­to le oscil­la­zio­ni sareb­be­ro pres­so­ché assen­ti ( sal­vo quel­le dovu­te al ricor­do del Big Bang ) Dove inve­ce c’è un onda-par­ti­cel­la che ho sen­ti­to chia­ma­re anche “wavi­cle” le strin­ghe oscil­la­no di più e in modo diver­so a secon­da del tipo di ener­gia in essa con­te­nu­ta. Quan­do l’e­ner­gia e mol­to con­cen­tra­ta defor­ma il reti­co­lo e così’ la wavi­cle diven­ta mas­si­va. Un gluo­ne diven­ta mas­si­vo per­ché tra­spor­ta una inte­ra­zio­ne for­te lun­go il reti­co­lo. Più l’in­te­ra­zio­ne è for­te, più il rag­gio d’a­zio­ne è pic­co­lo e la defor­ma­zio­ne del reti­co­lo fa aumen­ta­re la sua massa.
Se la wavi­cle è mas­si­va il reti­co­lo vie­ne defor­ma­to in accor­do con Ein­stein. Le tre dimen­sio­ni sono dipen­den­ti dal­la dimen­sio­ne tem­po per cui la defor­ma­zio­ne si tra­smet­te anche a quel­la. Deve esser­ci anche un reti­co­lo tem­po indi­pen­den­te respon­sa­bi­le del­la tra­smis­sio­ne del­l’in­for­ma­zio­ne istan­ta­nea tra le wavi­cle sog­get­te ad entan­gle­ment. Quan­do una wavi­cle si spo­sta in real­tà scor­re sul reti­co­lo che resta fer­mo così con l’in­ter­fe­ro­me­tro non si avver­te il ven­to cosmi­co sem­pli­ce­men­te per­ché non c’è. La velo­ci­tà del­la luce è lega­ta solo alla ela­sti­ci­tà del reti­co­lo infat­ti non dipen­de né dal­la sor­gen­te né dal­la lun­ghez­za d’on­da, né dal­l’in­ten­si­tà, e nem­me­no dal moto del­l’os­ser­va­to­re. SONO GRADITE CRITICHE E/O INTEGRAZIONI.