Dall’Estetica alla Verità. Intensità, Coraggio, Fedeltà, Passione, Preghiera. (3 di 3)

Inten­si­tà e sfor­zo da un lato e sof­fe­ren­za dal­l’al­tro. Il pro­ces­so di ricer­ca del bel­lo è equi­li­bra­to in se’ e richie­de mol­to corag­gio da par­te di chi lo com­pie per non mol­la­re, per rima­ne­re in linea con l’o­biet­ti­vo da raggiungere.

Il corag­gio è una qua­li­tà par­ti­co­la­re, che non tut­ti pos­sie­do­no ma che cre­do chiun­que pos­sa svi­lup­pa­re, se suf­fi­cien­te­men­te motivato.

Corag­gio è for­za d’a­ni­mo, una paro­la che deri­va dal lati­no e che signi­fi­ca “per il cuo­re”. Ave­re corag­gio signi­fi­ca ave­re cuo­re, ave­re (o svi­lup­pa­re) quel­la qua­li­tà del cuo­re che per­met­te di anda­re oltre le dif­fi­col­tà, gli osta­co­li e la sof­fe­ren­za nel­l’e­se­cu­zio­ne di un atto.

Ecco per­chè dal corag­gio spes­so può deri­va­re la fedel­tà; per­chè nel cuo­re si brucia.

La fiam­ma di quel­l’e­ner­gia che vie­ne dal cuo­re è tal­men­te cal­da da vetri­fi­ca­re la sab­bia del­l’at­tri­to e ren­der­la liscia. Tut­to in chi pro­ce­de con corag­gio e inten­si­tà alla ricer­ca del­l’ar­mo­nia ten­de a con­for­mar­si ad essa.

Si diven­ta cioè fede­li a quel­l’ar­mo­nia supe­rio­re ver­so cui si tende.

Si pas­sa di pia­no, pas­san­do dal corag­gio alla fedel­tà. Si abban­do­na l’a­gi­re per il sen­ti­re, l’at­to per il cuore.

E’ come se nel cuo­re la for­za del corag­gio si subli­mas­se, venis­se raf­fi­na­ta pas­san­do per il sot­ti­le col­lo di una stor­ta distil­la­tri­ce per resti­tui­re solo quel­l’e­ner­gia intrin­se­ca che ben tro­va la sua espres­sio­ne nel giap­po­ne­se “koko­ro “.

E dal cuo­re fede­le, che non vede altro che l’og­get­to del pro­prio desi­de­rio può accen­der­si improv­vi­sa la pas­sio­ne. La pas­sio­ne come raf­fi­na­zio­ne del desi­de­rio.

Una fiam­ma che por­ta a desi­de­ra­re di esse­re l’og­get­to del desi­de­rio stes­so. In ulti­ma ana­li­si si vuo­le l’u­ni­tà, l’ar­mo­nia com­ple­ta e per­fet­ta. Allo­ra è pos­si­bi­le desi­de­ra­re di per­de­re se’ stes­si nel­l’og­get­to del desi­de­rio.

Nel­la mas­si­ma armo­nia, nel­la sostan­za, nel­la bellezza.

Ma se l’ar­mo­nia è la sostan­za del­la bel­lez­za ed entram­be nel­la loro tota­li­tà non sono altro che il divi­no, per­fet­ta­men­te imma­nen­te l’u­ni­ver­so, ecco che la pre­ghie­ra arri­va, come pas­sio­ne, come richie­sta di uni­tà, come fiam­ma che bru­ci la sepa­ra­zio­ne per quan­to illu­so­ria e por­ti allo sta­to di com­ple­ta e tota­le man­can­za di dif­fe­ren­za.

Un gran­de atto d’a­mo­re a parer mio, quel­lo di non voler più esse­re sepa­ra­ti. Quel­lo di non voler più esi­ste­re diver­sa­men­te del­l’a­ma­to.

E quan­do final­men­te il vuo­to fa la sua com­par­sa, facen­do ces­sa­re l’il­lu­so­ria esi­sten­za del­l’og­get­to del desi­de­rio, che non può più esse­re sepa­ra­to da chi desi­de­ra, tut­to bru­cia in un’u­ni­ca, acce­can­te vam­pa­ta d’amore.

Si per­de l’ ”io” ed il “tu” ed esi­ste solo Uno.

In fin dei con­ti, tut­to quel­lo che c’è.

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Giuseppe

Vera­men­te bel­li que­sti post!