Nada De Nuevo – un racconto di Liam

VICTORIA ESTAS DESNUDA,SIEMPRE


La fra­se cam­peg­gia su alcu­ni edi­fi­ci ad altez­za d’uomo, scrit­ta con spray ros­so con alcu­ne curio­si­tà nel­la com­po­si­zio­ne del­le paro­le: la O è tra­fit­ta da una freccia,le A sono a for­ma di cuo­re rove­scia­to, le S han­no il sim­bo­lo del dollaro.

Que­sta gra­fia mi col­pi­sce e mi incu­rio­si­sce; come pri­ma impres­sio­ne mi sem­bra un mes­sag­gio di rim­pro­ve­ro, poi la pre­sen­za di quei sim­bo­li­smi nel­le let­te­re mi spiaz­za: tro­vo in que­sta dichia­ra­zio­ne una sor­ta di rifiu­to di fron­te all’evidenza dei fat­ti e nel con­tem­po una sor­ta di appel­lo dispe­ra­to, qual­co­sa che asso­mi­glia alla pre­sa di coscien­za di un amo­re tra­di­to, di un’amara sorpresa…

Men­tre cam­mi­no per le cal­les di Bar­cel­lo­na, il ger­me del­la curio­si­tà per que­sto stra­no “mura­les” mi pren­de sem­pre più. Sono arri­va­to con una bor­sa di stu­dio ERASMUS nell’ottica degli scam­bi cul­tu­ra­li Ita­lia – Spa­gna, mi inte­res­so di arte e spet­ta­co­lo e, come dicev,o sono in cit­tà da pochis­si­mo, con la pro­spet­ti­va di rima­ner­ci alme­no sei mesi. La cit­tà è straor­di­na­ria, viva come poche altre in Euro­pa, for­se nel mondo.

La pri­ma impres­sio­ne è che qui non dor­ma mai, e che il ripo­so sia vis­su­to come una male­di­zio­ne, una costri­zio­ne alla qua­le ci si deb­ba sot­to­met­te­re per for­za. Bar­cel­lo­na: fan­ta­sti­co esserci!!

Fan­ta­sti­co soprat­tut­to per­ché qui abi­ta Matil­de V. Da Sil­va Iba­nez, una splen­di­da ragaz­za mora che ha fre­quen­ta­to il DAMS a Bolo­gna fino a pochi mesi fa.
La conob­bi cir­ca diciot­to mesi fa a una festa di lau­rea e la sua com­par­sa in pub­bli­co fece scal­po­re: arri­vò nel loca­le a festa già ini­zia­ta ammu­to­len­do la pla­te­sa pre­sen­te dopo pochi secondi.

Mol­ti l’avevano già vista in giro per la cit­tà, sem­pre mol­to spor­ti­va vesti­ta a jeans, fel­pe, t‑shirts, con i capel­li rac­col­ti sot­to cap­pel­li­ni di varia foggia.

Quel­la sera era uno schian­to: capel­li cor­vi­ni sciol­ti sul­le spal­le nude, occhi più ver­di che mai (quel­li era­no natu­ral­men­te gli stes­si di sem­pre ma in quel­la occa­sio­ne ave­va­no un’altra luce), un tubi­no ros­so fuo­co a fascia­re un cor­po per­fet­to. Era tal­men­te ade­ren­te che nel­la zona pubi­ca, il vesti­to si incre­spa­va a con­tat­to del­la pelu­ria sottostante.

Ebbe un suc­ces­so straor­di­na­rio e da quel­la sera fu la regi­na incon­tra­sta­ta del DAMS. Ebbi modo di rive­der­la e di fre­quen­tar­la per moti­vi di stu­dio e devo con­fes­sa­re che mal­gra­do lei non osten­tas­se le sue qua­li­tà, era dif­fi­ci­le man­te­ne­re un atteg­gia­men­to neutro.

Duran­te la sua per­ma­nen­za a Bolo­gna non si ven­ne a cono­scen­za di alcu­na sua rela­zio­ne, tran­ne ogni tan­to per qual­che stu­den­te che cer­ca­va di dif­fon­de­re noti­zie ten­den­zio­se, pun­tual­men­te smentite.

Diven­tam­mo buo­ni ami­ci (ahi­me) ed in più occa­sio­ne Matil­de mi con­fi­dò che al rien­tro in patria non era cer­ta se avreb­be con­ti­nua­to il cor­so di stu­di per­ché per­ce­pi­va dif­fi­col­tà nei rap­por­ti con la fami­glia. Arri­vò il momen­to del suo rien­tro, e come soli­to ci scam­biam­mo per l’ultima vol­ta i recapiti.

La chia­mai dopo poco tem­po, in occa­sio­ne del suo com­plean­no, ci trat­te­nem­mo al tele­fo­no per un bel po’ ed io ebbi la sen­sa­zio­ne che non fos­se sere­na, mi sem­bra­va eva­si­va nel­le rispo­ste, a vol­te qua­si reticente.

Pro­vai a chia­mar­la in segui­to altre due o tre vol­te ma non riu­scii a par­lar­le ed in una occa­sio­ne qual­cu­no mi rispo­se dicen­do che era impe­gna­ta e che non pote­va liberarsi.

Con il tem­po abban­do­nai un po’ il ricor­do di Matil­de per pro­se­gui­re nel­la mia attività.

L’inattesa pos­si­bi­li­tà di tra­sfe­rir­mi a Bar­cel­lo­na me la fece tor­na­re in men­te ed ecco­mi qui in cit­tà con l’intento di rive­der­la e la spe­ran­za di tro­var­la feli­ce ed appagata.

Die­tro l’angolo c’è nuo­va­men­te la scrit­ta di pri­ma, ver­ga­ta dal­la stes­sa mano. Pen­so ad un inna­mo­ra­to delu­so oppu­re ad un invi­dio­so, chissà!

All’improvviso com­pa­re un car­tel­lo­ne altret­tan­to elo­quen­te: è il vec­chio mani­fe­sto di Basic Istinct, con la posa sto­ri­ca pas­sa­ta nell’olimpo cine­ma­to­gra­fi­co, al posto del viso una mac­chia ros­sa e di nuo­vo la scritta

Vic­to­ria estàs desnu­da, siem­pre.

Riman­go basi­to per­ché mi con­vin­co che que­sta è una cam­pa­gna deni­gra­to­ria in gran­de sti­le. Pre­so atto di tut­to ciò mi con­cen­tro sull’obbiettivo pri­ma­rio, cioè arri­va­re a casa di Matil­de. Pro­vo ad imma­gi­nar­la, a come si pre­sen­te­rà alla por­ta, a come mi accoglierà.

Ave­va det­to che avreb­be gra­di­to una mia visi­ta, chis­sà se era la veri­tà oppu­re il soli­to modo cor­te­se per un defi­ni­ti­vo commiato!

Ci sia­mo, ecco il por­to­ne, è aper­to, sal­go le sca­le con un po’ di emo­zio­ne leg­gen­do su ogni por­ta il nome sul­la tar­ghet­ta, abi­ta al quar­to pia­no: Da Sil­va Ibanez.

E’ lei. Men­tre suo­no, rileg­go la tar­ghet­ta: M.V. Da Sil­va Ibanez.

Sen­to dei pas­si nel cor­ri­do­io, la por­ta si apre, com­pa­re una bion­di­na che pre­su­mo mi chie­da in spa­gno­lo chi cer­co. Con un filo di voce rispondo:

“Matil­de?”

E lei vol­gen­do­mi le spal­le urla:

“Vic­to­ria, muo­vi­ti!!! C’è un altro clien­te… un timidone!”

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