Contena: 30 anni in galera, assolto per non aver commesso il fatto. E con questo fanno due in un mese.

Eh già… con que­sto fan­no due. Pri­ma fu Dome­ni­co Mor­ro­ne, vicen­da già com­men­ta­ta in un post pre­ce­den­te. Oggi sul cor­rie­re ne arri­va un altro: Mel­chior­re Con­te­na. Arre­sta­to nel 1977, esce dopo tren­t’an­ni, a fine del­la pena, per­chè final­men­te al ter­zo gra­do di giu­di­zio si sta­bi­li­sce che “NON HA COMMESSO IL FATTO”.

Ades­so voglio vede­re se anche a lui lo sta­to con­ce­de­rà il risar­ci­men­to miliar­da­rio con­ces­so a Mor­ro­ne o farà man­fri­na, appro­fit­tan­do del fat­to che que­st’uo­mo pro­ba­bil­men­te ades­so del­lo sta­to non ne vuo­le più sapere.

La cosa più scioc­can­te è che alla fine que­st’uo­mo deve tren­t’an­ni in car­ce­re in quan­to accu­sa­to da Andrea Cur­re­li. Un pasto­re con una fedi­na pena­le lun­ga un chi­lo­me­tro, nel frat­tem­po rego­lar­men­te deceduto.

E’ dati tem­pi del caso Tor­to­ra che ven­go col­to da un note­vo­le sen­so di inquie­tu­di­ne, ogni vol­ta che pen­so alla nostra magistratura.

Sape­te per­chè? Per casi come que­sto, in cui la paro­la di un delin­quen­te abi­tua­le vale più di quel­la di chiun­que altro, anche del­la leg­ge, che sta­bi­li­sce che per con­dan­na­re qual­cu­no occor­re una cosa chia­ma­ta “pro­va”. Casi come que­sto in cui un uomo vie­ne con­dan­na­to sen­za altre pro­ve che le dichia­ra­zio­ni di un altro uomo, la cui cre­di­bi­li­tà dovreb­be esse­re pari a zero, ma sic­co­me quel­lo che dice potreb­be anche ave­re sen­so, improv­vi­sa­men­te divie­ne il deus ex machi­na del desti­no di un uomo inno­cen­te, che ha pas­sa­to tren­t’an­ni in car­ce­re per un delit­to mai commesso.

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