Senso del pudore e “nudofobia”

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Esi­sto­no diver­si ambi­ti per quel­lo che vie­ne defi­ni­to come pudo­re. Per quan­to attie­ne que­sto post, inten­dia­mo il “comu­ne sen­so del pudo­re” come rispo­sta mora­le alla pau­ra di mostrar­si nudi che poi diven­ta “ver­go­gna” o anche “schi­fo” (con con­se­guen­te rab­bia) nel vede­re qual­cun altro nudo. Ma la doman­da è: tut­to ciò ha un sen­so? Oppu­re si trat­ta di uno dei tan­ti con­di­zio­na­men­ti a cui sia­mo sot­to­po­sti (maga­ri uno dei più gros­si e meglio cammuffati)?

Pro­via­mo a capir­ci qual­co­sa, par­ten­do dal cor­po che è quel­la cosa che abbia­mo in dota­zio­ne dal­la nasci­ta e che ci ser­ve per vive­re sul pia­no materiale.

I nostri cor­pi sono tut­ti più o meno ugua­li, sal­vo varia­zio­ni gene­ti­che più o meno pato­lo­gi­che: abbia­mo tut­ti orga­ni inter­ni, arti e di sen­so. Abbia­mo tut­ti boc­ca, lin­gua. Insom­ma, a par­te per quan­to attie­ne le fun­zio­ni ripro­dut­ti­ve, sia­mo tut­ti fat­ti nel­lo stes­so modo. Dun­que… di cosa ci ver­go­gnia­mo a mostrare/vedere un cor­po nudo?

Il pro­ble­ma, come al soli­to, nasce dal ses­so. Far­si vede­re nudi è asso­cia­to (anche per ine­vi­ta­bi­li moti­vi pra­ti­ci, soprat­tut­to nei maschi), alla dispo­ni­bi­li­tà a fare ses­so. Vale a dire che nel­la nostra socie­tà mala­ta, un uomo o (anco­ra di più, per col­mo di assur­di­tà) una don­na, ven­go­no rite­nu­ti dispo­ni­bi­li ad un rap­por­to ses­sua­le in pro­por­zio­ne alla quan­ti­tà di pel­le espo­sta (ed alle zone del cor­po esposte).

Pri­ma di tut­to, ragio­nia­mo su que­sto: per qua­le moti­vo se qual­cu­no va in giro nudo dovreb­be far­lo per mostra­re la pro­pria dispo­ni­bi­li­tà al ses­so? Ma quan­d’an­che così fos­se: qual­cu­no mi spie­ga cosa ci sia di sba­glia­to in questo?

In real­tà nul­la. Se non che, sostan­zial­men­te su tut­to que­sto ter­ri­bil­men­te oscu­ro pia­ne­ta, il ses­so (inte­so come rap­por­to ses­sua­le) è anco­ra ine­vi­ta­bil­men­te, assur­da­men­te col­le­ga­to (per quan­to incon­scia­men­te) a quel­l’al­tro con­cet­to com­ple­ta­men­te idio­ta di “pec­ca­to” (e vale al di là del­la reli­gio­ne, anche se quel­la cat­to­li­ca ne ha fat­to un vero e pro­prio baluar­do del­la fede), e pro­fon­da­men­te lega­to a tut­te le altre assur­de rego­le socia­li e com­por­ta­men­ta­li che ci sia­mo costrui­ti nel tem­po, non per sal­va­guar­da­re la nostra liber­tà, quan­to per castrar­la appe­na possibile.

Un rap­por­to ses­sua­le è un rap­por­to ses­sua­le. Pun­to. Tut­te le impli­ca­zio­ni emo­ti­ve, reli­gio­se, este­ti­che, mora­li e lega­li ad esso con­nes­se non han­no nul­la di oggettivo.

Un rap­por­to ses­sua­le (quan­do rife­ri­to al cam­po uma­no) è l’u­nio­ne di due esse­ri, nel modo più pro­fon­do che la nostra car­na­li­tà con­ce­da, per mez­zo del pia­ce­re. Cer­to, con il cre­sce­re del­la con­sa­pe­vo­lez­za, del­la cono­scen­za e del sape­re, diven­ta qual­co­s’al­tro: uno stru­men­to per otte­ne­re risul­ta­ti ener­ge­ti­ci spe­ci­fi­ci, per evol­ve­re (o devol­ve­re, pur­trop­po in alcu­ni casi), per cre­sce­re inte­rior­men­te, per invo­ca­re qua­li­tà spe­ci­fi­che di ener­gia e mol­to, mol­to altro che si rive­la con il cre­sce­re del­la nostra con­sa­pe­vo­lez­za e spiritualità.

Ma anche stan­do alla base, si trat­ta “sem­pli­ce­men­te” di entra­re in con­tat­to con qual­cun altro per mez­zo del pia­ce­re, ovve­ro un altro tabù. Se uno gode, oggi come oggi, già vie­ne guar­da­to male. In que­sta socie­tà il pia­ce­re fisi­co, ses­sua­le in pri­mis, sta diven­tan­do sem­pre di più qual­co­sa di scon­ve­nien­te: biso­gna sof­fri­re, le emo­zio­ni pro­va­te devo­no esse­re nega­ti­ve, se no non c’è gusto. Oppu­re, come acca­de sem­pre più spes­so nei gio­va­nis­si­mi, il pia­ce­re non esi­ste. Si trat­ta di gio­chi socia­li, meto­di di autoaf­fer­ma­zio­ne o comun­que atti la cui natu­ra è sem­pre più dimen­ti­ca­ta oppu­re, esat­ta­men­te all’al­tro capo del­la meda­glia, com­ple­ta­men­te sovvertita.

Dun­que il sen­so del pudo­re nasce pri­ma di tut­to da una fal­sa attri­bu­zio­ne (mostra­re il cor­po = esse­re dispo­ni­bi­li al ses­so). Ma anche solo fer­man­do­ci ad essa, quan­do anche la sud­det­ta fos­se rea­le, ecco che non ci sareb­be nul­la di male, pen­san­do sem­pli­ce­men­te in ter­mi­ni ogget­ti­vi, ovve­ro sem­pli­ce­men­te con­si­de­ran­do il rap­por­to ses­sua­le per quel­lo che è e non per quel­lo che ci sia­mo inven­ta­ti essere.

Ecco cos’è dav­ve­ro il pudo­re, quel­lo che tut­ti cre­dia­mo esse­re un sano istin­to: nien­te altro che un risul­ta­to (e uno stru­men­to) del­la com­ple­ta, tota­le castra­zio­ne a cui nei seco­li la socie­tà e le reli­gio­ni in pri­mis, han­no sot­to­po­sto gli esse­ri umani.

Cosa ci potreb­be esse­re di più sacro di un rap­por­to ses­sua­le con­sa­pe­vo­le con­dot­to in una chie­sa, maga­ri una cat­te­dra­le (che sap­pia­mo esse­re costrui­ta secon­do pre­ci­se rego­le archi­tet­to­ni­che per por­ta­re al sacro)? Eppu­re in una chie­sa è addi­rit­tu­ra vie­ta­to entra­re non solo in mini­gon­na o pan­ta­lo­ni cor­ti, ma addi­rit­tu­ra con le spal­le nude. Come se il nostro cor­po fos­se esso stes­so, per la sua sola esi­sten­za e con par­ti­co­la­re rife­ri­men­to a quel­lo fem­mi­ni­le, un’of­fe­sa al divi­no (qua­lun­que signi­fi­ca­to si attri­bui­sca a que­sto termine).

E cosa ci può esse­re di male in un rap­por­to ses­sua­le? Asso­lu­ta­men­te nul­la. Eppu­re non si può com­pie­re in pub­bli­co per­ché infran­ge una leg­ge secon­do cui non si può offen­de­re il pub­bli­co sen­so del pudo­re (e sfi­do chiun­que a defi­ni­re que­st’ul­ti­mo in modo ogget­ti­vo) e nep­pu­re in un film per­chè è pono­gra­fia, una cosa che dovreb­be esse­re per­fet­ta­men­te lega­le (pornografia=rappresentazione espli­ci­ta di atti o pra­ti­che ses­sua­li) ma guar­da caso non lo è affat­to. Per cer­te reli­gio­ni (cat­to­li­ca in pri­mis) il rap­por­to ses­sua­le deve esse­re fina­liz­za­to uni­ca­men­te alla ripro­du­zio­ne e per giun­ta uni­ca­men­te nel­l’am­bi­to di un altro vin­co­lo del tut­to sur­rea­le che è quel­lo del matri­mo­nio (sur­rea­le per come è inte­so oggi, non nel­la sua acce­zio­ne ori­gi­na­ria, per la qua­le peral­tro il signi­fi­ca­to era com­ple­ta­men­te diverso).

Un bel modo per dichia­ra­re “fuo­ri­leg­ge” la ricer­ca del pia­ce­re cor­po­reo, anche solo per sta­re bas­si, e con essa dare una bel­la maz­za­ta alle pos­si­bi­li­tà evo­lu­ti­ve del­l’es­se­re umano.

In buo­na sostan­za ed estre­ma sin­te­si, pos­sia­mo fare tut­te le ana­li­si psi­co­lo­gi­che che voglia­mo ma, alla fine, il pudo­re non è che uno dei tan­ti modi con cui noi esse­ri uma­ni venia­mo costan­te­men­te pri­va­ti del­la nostra liber­tà e del­le pos­si­bi­li­tà evo­lu­ti­ve che ci dovreb­be­ro esse­re pro­prie per far­ci resta­re il più a lun­go pos­si­bi­le a livel­lo di ani­ma­li, in più con­vin­cen­do­ci del­la nostra supe­rio­ri­tà: indub­bia­men­te un bel colpo!

Lo so che si pos­so­no muo­ve­re miglia­ia di obie­zio­ni a que­ste affer­ma­zio­ni ma sono pra­ti­ca­men­te cer­to che nes­su­na di esse può esse­re con­si­de­ra­ta ogget­ti­va; pur­trop­po sono altret­tan­to cer­to che per anda­re oltre cer­te con­ven­zio­ni (o meglio “con­vin­zio­ni”) ci vor­rà anco­ra parec­chio tem­po. Ma tan­t’è… ci si deve provare!

Ci si vede in giro!

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