Giusto e ingiusto dipendono dalla consapevolezza

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Quan­te vol­te ci sare­mo chie­sti se una cosa è giu­sta? Sicu­ra­men­te miglia­ia. Ma quan­ti si chie­do­no cosa vera­men­te sia “giu­sto”?

Sap­pia­mo che “giu­sto” o “sba­glia­to” dipen­do­no esclu­si­va­men­te dal­la mora­le di chi giu­di­ca, per­si­no nei casi più estre­mi. Per fare un esem­pio, in tut­to l’oc­ci­den­te, far spo­sa­re una bim­ba di 10 o 12 anni con un uomo adul­to è rico­no­sciu­to come un fat­to non solo ingiu­sto, ma di una bar­ba­rie sen­za fon­do. La stes­sa cosa in alcu­ni pae­si, non solo è vista come giu­sta ma addi­rit­tu­ra un fat­to cul­tu­ra­le e per­fet­ta­men­te legale.

Quel­lo che fa la dif­fe­ren­za, evi­den­te­men­te, è pri­ma (ma solo in sen­so tem­po­ra­le) la cul­tu­ra, poi la mora­le, poi la con­sa­pe­vo­lez­za di qua­li sia­no le leg­gi vera­men­te impli­ca­te in un dato atto.

Più una per­so­na è evo­lu­ta, più avrà un sen­so del giu­sto che si avvi­ci­na a quel­lo che dav­ve­ro lo è. Si, per­chè alla fine una giu­sti­zia “cosmi­ca” esi­ste. Ed è rap­pre­sen­ta­ta da quel­le leg­gi la cui visio­ne e con­sa­pe­vo­lez­za garan­ti­sco­no una vera com­pren­sio­ne del­la dif­fe­ren­za tra giu­sto e sba­glia­to. Il sag­gio si avvi­ci­na quin­di a tale com­pren­sio­ne e diven­ta sem­pre più giusto.

Ma… c’è un “ma”… la giu­sti­zia ogget­ti­va è in real­tà la veri­tà. Quin­di, para­dos­sal­men­te, mol­te cose date per “scon­ta­ta­men­te giu­ste” dal­l’es­se­re uma­no comu­ne, si rive­la­no alla fine come gros­so­la­na­men­te erra­te. La pro­va ce la da la sto­ria: quan­te cose sem­bra­va­no giu­ste nei seco­li anda­ti ma oggi rico­no­scia­mo esse­re sta­te del­le immen­se minchiate?

In tut­ti i cam­pi, lo svi­lup­po dei mez­zi cogni­ti­vi, del­la cul­tu­ra e del­la pos­si­bi­li­tà di cre­sce­re inte­rior­men­te, han­no por­ta­to pro­gres­si­va­men­te ad un allar­ga­men­to degli oriz­zon­ti, per­met­ten­do­ci di ride­fi­ni­re con­ti­nua­men­te ciò che è giu­sto, andan­do a miglio­ra­re sem­pre più l’og­get­ti­vi­tà di que­sta definizione.

Il pro­ble­ma sta nel fat­to che ogni gene­ra­zio­ne cre­de di esse­re arri­va­ta alla giu­sti­zia asso­lu­ta (sal­vo esse­re poi cla­mo­ro­sa­men­te smen­ti­ta dal­la gene­ra­zio­ne seguen­te). Inu­ti­le dire che il con­cet­to per cui la giu­sti­zia vie­ne rap­pre­sen­ta­ta come una dea ben­da­ta può esse­re visto in due modi: per­chè non fa dif­fe­ren­ze (mora­le comu­ne), o per­chè non vede una favaz­za (visio­ne oggettiva).

Quin­di, ogni vol­ta che vi indi­gna­te, ogni vol­ta che rite­ne­te che qual­co­sa non sia “giu­sto”, vi sug­ge­ri­sco di met­te­re in pra­ti­ca un pic­co­lo eser­ci­zio: pro­va­te a cer­ca­re di com­pren­de­re da dove arri­va quel­l’e­ti­chet­ta, da qua­le par­te del­la vostra mora­le emer­ge il sen­so di ingiu­sti­zia; potreb­be arri­va­re dal­l’in­ter­no, cer­to, ma potreb­be anche deri­va­re dai vostri geni­to­ri e dai prin­ci­pi che vi han­no incul­ca­to, dal­la for­ma­zio­ne sco­la­sti­ca, dal pre­te di tur­no, dal­la vici­na di casa che vi veni­va a tro­va­re da pic­co­li… e pro­va­te poi a chie­der­vi allo­ra su qua­le veri­tà si sostie­ne quel sen­so di giustizia.

Pro­va­te a far­lo, e se ci riu­sci­te, per una vol­ta, pro­va­te anche a met­te­re in con­to che quel­lo che pen­sa­te potreb­be esse­re una pro­fon­da caz­za­ta di cui non ave­va­te la mini­ma idea del­la provenienza.

Potre­ste ave­re la gran­dis­si­ma sor­pre­sa di vede­re i vostri oriz­zon­ti dila­tar­si improv­vi­sa­men­te e sco­pri­re che la vita potreb­be esse­re infi­ni­ta­men­te più diver­ten­te di quel­lo che sta­te pro­van­do ora!

Ci si vede in giro!

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