Come evitare di disperdere le energie

Pote­te ascol­ta­re e sca­ri­ca­re il pod­ca­st diret­ta­men­te qui sotto:

Quan­do noi esse­ri uma­ni ci “per­dia­mo” nel­la vita quo­ti­dia­na, la nostra mac­chi­na-uomo si met­te a per­de­re ener­gia, peg­gio che se fos­si­mo immer­si in acqua ghiac­cia­ta. La con­se­guen­za non è facil­men­te avver­ti­bi­le, per­chè non sia­mo abi­tua­ti ad ascol­tar­ci, a sen­ti­re il nostro cor­po, la nostra men­te e le nostre emo­zio­ni in modo ogget­ti­vo. Tut­ta­via il risul­ta­to, come det­to nel post pre­ce­den­te è quel­lo di non riu­sci­re a “fare”, a por­ta­re a com­pi­men­to le nostre azio­ni, i nostri pro­get­ti e anche non riu­sci­re ad oppor­ci a cose che non ci stan­no bene.

Come sem­pre pren­dia­mo come rife­ri­men­to l’in­sie­me cor­po-men­te-emo­zio­ni per una rapi­da ana­li­si. Par­tia­mo dal­l’a­spet­to fisi­co: spes­so e volen­tie­ri, pro­prio per­chè non sia­mo abi­tua­ti a sen­ti­re il nostro cor­po, ci tro­via­mo con mol­tis­si­mi musco­li in ten­sio­ne, anche quan­do que­sti musco­li dovreb­be­ro esse­re rilassati.

E’ la cosid­det­ta e tan­to nomi­na­ta “postu­ra scor­ret­ta”, solo che in que­sto caso si trat­ta del­la con­se­guen­za di pose (ovve­ro modi di dispor­re il cor­po) che sono entra­te a fare par­te del­la nostra espres­sio­ne cor­po­ra­le. Un esem­pio faci­le è la clas­si­ca posi­zio­ne che qua­si tut­ti noi assu­mia­mo quan­do sia­mo davan­ti allo scher­mo di un com­pu­ter: pra­ti­ca­men­te ci tra­sfor­mia­mo in cigni (ma sareb­be meglio dire… oche), por­tan­do la testa in avan­ti, come se voles­si­mo infi­lar­la diret­ta­men­te nel­lo scher­mo! Oppu­re, quan­do sia­mo tesi, mol­to spes­so ten­dia­mo a “tira­re su” le spal­le (mol­ti cer­ca­no anche di far­se­le entra­re nel­le orec­chie, for­tu­na­ta­men­te con poco successo).

Ovvia­men­te non sono i soli casi ma mi pare sia­no un paio di buo­ni esem­pi per capi­re di cosa stia­mo par­lan­do. Qua­l’è la solu­zio­ne quin­di? Sem­pli­ce: tener­si d’oc­chio in con­ti­nua­zio­ne e, appe­na una par­te del nostro cor­po deci­de di diven­ta­re indi­pen­den­te, ricor­re­re alla volon­tà e… rilas­sar­la, lascian­do anda­re i musco­li erro­nea­men­te con­trat­ti e ripor­tan­do il cor­po ad una con­di­zio­ne di mag­gior armo­nia. All’i­ni­zio sarà già dif­fi­ci­le ricor­dar­si con un mini­mo di fre­quen­za di con­trol­la­re il cor­po. Ma, con il tra­scor­re­re del tem­po e un impe­gno costan­te, si impa­re­rà a far­lo in modo qua­si auto­ma­ti­co e, soprat­tut­to, continuo.

Per le emo­zio­ni la fac­cen­da si com­pli­ca un pochet­ti­no, pri­mo per­chè gli sta­ti emo­ti­vi insor­go­no ad una velo­ci­tà spa­ven­to­sa e, secon­do, per­chè le emo­zio­ni nega­ti­ve han­no pur­trop­po un loro uni­co fasci­no che le ren­de spes­so qua­si irri­nun­cia­bi­li. In que­sto caso quin­di il truc­co è… impa­ra­re a lasciar­le anda­re. Dato che è mol­to dif­fi­ci­le, se non impos­si­bi­le, evi­tar­ne l’in­sor­gen­za, allo­ra impa­ria­mo a lasciar­le anda­re, a lasciar­le flui­re via, come del­l’ac­qua su un imper­mea­bi­le. Anche in que­sto caso (anzi di più), occor­re alle­nar­si: non dob­bia­mo con­trol­la­re le emo­zio­ni, ma impa­ra­re a rico­no­scer­le, distin­guer­le e a non voler­le tene­re a tut­ti i costi “atti­ve”.

Ad esem­pio: sia­mo in uffi­cio, il capo arri­va e si incaz­za per­chè abbia­mo fat­to un lavo­ro in un modo che non era quel­lo che vole­va. Nor­mal­men­te ci sen­tia­mo offe­si, spe­cial­men­te se abbia­mo mes­so mol­to impe­gno e dedi­zio­ne in quel­lo che abbia­mo fat­to e, per diret­ta con­se­guen­za, ci incaz­zia­mo come del­le biglie (e non abbia­mo nep­pu­re modo di sfo­gar­ci per­chè trat­tan­do­si del capo non pos­sia­mo spu­tar­gli in un occhio). In que­sto caso, sem­pre per fare un esem­pio, il segre­to sta nel ricor­dar­ci per­chè sia­mo in quel posto: per esse­re paga­ti! Che il nostro lavo­ro ven­ga rico­no­sciu­to oppu­re no, in real­tà, non dovreb­be esse­re cosa che ci tan­ge. Fac­cia­mo il lavo­ro che sia­mo paga­ti per fare e la cosa fini­sce lì. Il capo non è d’ac­cor­do su quel­lo che abbia­mo fat­to? Va bene! Lo rifac­cia­mo. Il pro­ble­ma non è nostro: è del capo, che dovrà comun­que paga­re il tem­po in più che impie­ghe­re­mo a rifa­re il lavo­ro.… non so se mi sono spiegato!

Per i pen­sie­ri la cosa diven­ta un tan­ti­no più com­pli­ca­ta. Il pro­ble­ma è dato dal fat­to che i pen­sie­ri ven­go­no gene­ra­ti, soprat­tut­to in una men­te non adde­stra­ta, da milio­ni di varia­bi­li che non sia­mo in gra­do di con­trol­la­re: even­ti ester­ni ma anche inter­ni al nostro cor­po, rea­zio­ni chi­mi­che e bio­chi­mi­che, odo­ri, luci e per­si­no dal­le paro­le di altri che con noi maga­ri non han­no nep­pu­re nul­la a che vedere.

Il pro­ces­so di con­trol­lo del pen­sie­ro non è così sem­pli­ce da descri­ve­re in un sin­go­lo post. Maga­ri gli dedi­che­re­mo un più ampio spa­zio in un’al­tra occa­sio­ne ma una cosa la pos­so dire, in que­sta sede: chi spe­ri­men­ta anche solo per un istan­te il distac­co dai pro­pri pen­sie­ri, la disi­den­ti­fi­ca­zio­ne da “io sono colui che pen­sa”… vede dav­ve­ro il mon­do cam­biar­gli sot­to il culo! E per sempre!

Ci si vede in giro!

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