Evitare il confronto, non sempre è salutare…

Cre­do sia per­fet­ta­men­te nor­ma­le nel­la vita di tut­ti noi incap­pa­re di tan­to in tan­to in situa­zio­ni cri­ti­che con qual­cu­no; che sia il dato­re di lavo­ro, un ami­co, il/ la compagno/a, spo­sta ma non modi­fi­ca la pro­spet­ti­va: o affron­tia­mo il pro­ble­ma con­fron­tan­do­ci con l’al­tra per­so­na oppu­re no.

Nel secon­do caso, che pur a vol­te è alta­men­te con­si­glia­bi­le, pos­sia­mo inter­rom­pe­re il rap­por­to oppu­re no. Se non lo si inter­rom­pe, pri­ma o poi, il nodo ver­rà al pet­ti­ne in qual­che modo, oppu­re la pro­se­cu­zio­ne del rap­por­to por­te­rà alla com­pren­sio­ne (quan­to­me­no si spe­ra) di quel­lo che è acca­du­to e quin­di alla riso­lu­zio­ne del­l’at­tri­to, qua­lun­que cosa que­sto impli­chi. Ma il pro­ble­ma avrà avu­to comun­que un suo epi­lo­go, una sua qua­dra­tu­ra del cer­chio, per così dire. Dicia­mo che, pur se indi­ret­ta­men­te, il pro­ble­ma in qual­che modo l’ab­bia­mo affrontato.

Quan­do inve­ce il rap­por­to si inter­rom­pe sen­za con­fron­to con l’al­tro il pro­ble­ma vie­ne lascia­to lì dov’è… e allo­ra la men­te ten­de­rà ad anda­re sem­pre più nel­la dire­zio­ne che impli­ca minor sof­fe­ren­za per sé stes­sa e, di con­ser­va, per l’e­go. Quin­di si muo­ve­rà nel­la dire­zio­ne in cui l’al­tra par­te sarà ine­qui­vo­ca­bil­men­te quel­la che ha tor­to, quel­la più stron­za e caro­gna e così via.

Que­sto solo sul­la base di ragio­na­men­ti dedut­ti­vi che, pur cam­bian­do nel­la for­ma, non potran­no asso­lu­ta­men­te cam­bia­re nel­la sostan­za in quan­to i dati su cui si basa­no sono sem­pre quel­li e, per di più, estre­ma­men­te sog­get­ti­vi. Il fat­to che ha gene­ra­to l’at­tri­to infat­ti, non è sta­to inda­ga­to con l’al­tra per­so­na e quin­di l’u­ni­ca per­ce­zio­ne che ne abbia­mo è la nostra. In altre paro­le, sen­tia­mo solo la nostra campana.

Lo sta­to di attri­to però rima­ne, e que­sto alla men­te non pia­ce. La men­te non vuo­le sof­fri­re (ma soprat­tut­to non lo vuo­le l’e­go), e quin­di spin­ge­rà sem­pre più nel­la dire­zio­ne che ci pro­du­ce meno problemi.

Quin­di quel­lo che acca­de è che i nostri pen­sie­ri, pur oscil­lan­do da una par­te e dal­l’al­tra, con­ver­ge­ran­no sem­pre più nel­la dire­zio­ne del­la minor sof­fe­ren­za, por­tan­do­ci a met­te­re sem­pre meno in dub­bio la real­tà del­la nostra per­ce­zio­ne e ad esse­re sem­pre più con­vin­ti del­la “col­pe­vo­lez­za” dell’altro.

Poco impor­ta che, maga­ri, nel­la real­tà sia­mo noi a non aver capi­to la clas­si­ca fava, ad aver inter­pre­ta­to in manie­ra com­ple­ta­men­te sog­get­ti­va l’ac­ca­du­to: il nostro ego ha biso­gno di esse­re inno­cen­te per non sof­fri­re anzi, di esse­re vit­ti­ma, per­chè così avrà un moti­vo in più di cro­gio­lar­si nel pro­prio (abi­tual­men­te stan­tio) brodo.

Le con­se­guen­ze sono però meno ovvie di quel­lo che si cre­de. Innan­zi­tut­to noi aumen­te­re­mo una feri­ta che maga­ri già di per sé è abba­stan­za dolo­ro­sa. E l’au­men­te­re­mo per­chè non arri­via­mo ad una riso­lu­zio­ne rea­le del con­flit­to quan­to ad una “usci­ta di como­do” da esso. Un’u­sci­ta che, per sua natu­ra, lasce­rà al nostro inter­no un sospe­so di cui, pri­ma o poi, la vita, il kar­ma o tut­ti e due, ci chie­de­ran­no conto.

Poi, for­se più impor­tan­te, avre­mo comun­que get­ta­to alle orti­che un rap­por­to che maga­ri meri­ta­va pure di esse­re ter­mi­na­to, ma l’a­vre­mo fat­to sul­la base del nul­la: in ulti­ma ana­li­si solo sul­la base del­la nostra per­ce­zio­ne del tut­to sog­get­ti­va dei fatti.

Il con­fron­to inve­ce, ci potreb­be por­ta­re, solo per fare un esem­pio, a sco­pri­re che non ave­va­mo capi­to asso­lu­ta­men­te (o anche solo in par­te) quel­lo che è acca­du­to; ora, la sag­gez­za, per quan­to mini­ma, dovreb­be far capi­re che il con­fron­to, la spie­ga­zio­ne, sono sem­pre e comun­que da ricer­ca­re, soprat­tut­to quan­do il pro­ble­ma si sia gene­ra­to su que­stio­ni di sen­ti­men­to o emo­ti­ve (è ovvio che se uno ti mol­la un car­to­ne in fac­cia c’è poco da chiarire…).

Un vec­chio det­to india­no dice “Se davan­ti a te vedi tut­to gri­gio, è ora di spo­sta­re l’e­le­fan­te”. Il nostro sfug­gi­re al con­fron­to nel­le situa­zio­ni di pro­ble­ma­ti­ca emo­ti­va e/o sen­ti­men­ta­le è esat­ta­men­te lascia­re l’e­le­fan­te lì dov’è… per poi con­vin­cer­si che la nostra vita è fat­ta di cose grigie.

Pro­se­guen­do nel­la meta­fo­ra, se spo­stia­mo l’e­le­fan­te, potrem­mo sco­pri­re tut­to un mon­do di colo­ri che nep­pu­re pen­sa­va­mo potes­se esistere.

Non cer­ca­re il con­fron­to è mol­to spes­so una como­da via d’u­sci­ta per non entra­re in con­flit­to con noi stes­si. Una scel­ta moto spes­so det­ta­ta da una vigliac­che­ria inter­na pro­pria del­l’e­go che non vuo­le asso­lu­ta­men­te cor­re­re il rischio di far­ci sco­pri­re che ci sia­mo sbagliati.

In buo­na sostan­za comun­que, la real­tà è che così facen­do fini­re­mo solo per sof­fri­re mol­to di più.

E più è gros­so l’e­go, più dif­fi­ci­le è far­glie­lo capire.

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ignazio

maestro,non fa“una grin­za l“espletamento del tuo vedere,una cosa in par­ti­co­la­re (ci pro­vo a scrivere)la mente(indipendente dall“ego)trova una via di uscita,meno dolorosa.Hai pre­sen­te la for­mu­la che ad una forza,corrisponde una for­za ugua­le e contraria.