Quante volte la scienza dovrà scoprire l’acqua calda prima di chiamare un idraulico?

Ogni tan­to, sem­pre più spes­so devo dire negli ulti­mi anni, si leg­ge qual­che arti­co­lo in cui la “scien­za uffi­cia­le” sco­pre qual­co­sa che altre disci­pli­ne, tec­ni­che, reli­gio­ni e filo­so­fie, sosten­go­no da anni.

In que­sto caso, par­lia­mo di un inte­res­san­tis­si­mo arti­co­lo pub­bli­ca­to su “Neu­ro­scien­ce­news”, una rivi­sta dedi­ca­ta alle neu­ro­scien­ze, in cui un team di ricer­ca­to­ri annun­cia di aver sco­per­to che esi­ste un lega­me tra il cer­vel­lo uma­no ed il siste­ma immu­ni­ta­rio, media­to da strut­tu­re ana­to­mi­che mai osser­va­te finora.

Un even­to deci­sa­men­te note­vo­le per­chè final­men­te spie­ga che… il nostro sta­to di salu­te dipen­de dal­la nostra men­te. Per quan­to la sco­per­ta sia deci­sa­men­te note­vo­le dal pun­to di vista scien­ti­fi­co, lo è anco­ra di più da quel­lo del­la ricer­ca interiore

La doman­da infat­ti è: quan­te vol­te la scien­za dovrà sco­pri­re l’ac­qua cal­da pri­ma di chia­ma­re un idraulico?

Lo sape­va l’u­ni­ver­so inte­ro che la rispo­sta del cor­po alle malat­tie è deter­mi­na­ta dal­la men­te. Lo sape­va­no anche i sas­si. Lo sa chiun­que di noi che a secon­da del­lo sta­to emo­ti­vo o men­ta­le in cui ci tro­via­mo pos­sia­mo amma­lar­ci o gua­ri­re, miglio­ra­re o peg­gio­ra­re, ingras­sa­re o dima­gri­re… lo sape­va­no tut­ti, mol­ti medi­ci, mol­ti ricer­ca­to­ri a qua­lun­que livel­lo… insom­ma, tut­ti tran­ne loro: gli scien­zia­ti più orto­dos­si che, non aven­do pro­ve del fat­to, si rifiu­ta­va­no di cre­der­lo reale.

Ed è que­sto l’im­men­so limi­te del­lo scet­ti­ci­smo mate­ria­li­sta impe­ran­te in cer­ti ambien­ti acca­de­mi­ci: non ave­re l’u­mil­tà di com­pren­de­re che “esi­sto­no mol­te più cose in que­sto uni­ver­so di quan­te la nostra men­te potrà mai imma­gi­na­re” e quin­di, a mag­gior ragio­ne, ne esi­sto­no anco­ra di più di quan­te ne pos­sia­mo rile­va­re con la limi­ta­ta por­ta­ta dei nostri stru­men­ti scientifici.

Soste­ne­re che una cosa non esi­ste per­chè non è pos­si­bi­le pro­var­ne l’e­si­sten­za è una del­le più gros­se imbe­cil­li­tà che afflig­go­no la scien­za oggi, peral­tro figlia del­l’o­scu­ran­ti­smo di que­sta epoca.

Tut­ta­via un ricer­ca­to­re, per quan­to ottu­so e bigot­to, non può non esse­re in pos­ses­so di stru­men­ti cogni­ti­vi d’ec­cel­len­za. E dun­que la doman­da di pri­ma ritor­na a bom­ba: quan­te vol­te dovrà anco­ra acca­de­re che sco­pri­te qual­co­sa che il mon­do inte­ro sa da miglia­ia d’an­ni, pri­ma che vi deci­dia­te ad ammet­te­re che il vostro tan­to sban­die­ra­to “meto­do scien­ti­fi­co” non vale la pro­ver­bia­le, mila­ne­se… cic­ca frusta?

E’ pos­si­bi­le che per­so­ne in pos­ses­so di un QI net­ta­men­te supe­rio­re alla media, di una cul­tu­ra scien­ti­fi­ca spes­so scon­fi­na­ta, anco­ra non pro­vi­no l’im­pul­so a cer­ca­re dav­ve­ro la veri­tà, anzi­ché le pro­ve del­l’e­si­sten­za del­la suddetta?

Spes ulti­ma dea.… a destra, dopo l’edicola!

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