Come i media creano realtà e mode del tutto inesistenti

Il truc­co è mol­to sem­pli­ce e vie­ne usa­to in con­ti­nua­zio­ne, anche se sostan­zial­men­te solo in Ita­lia (c’e­ra biso­gno di spe­ci­fi­car­lo?): si trat­ta di insi­nua­re nel­la men­te del let­to­re o del pub­bli­co in gene­re che qual­sia­si cosa si voglia far diven­ta­re più o meno “vira­le”… lo sia già.

Un modo sub­do­lo ma mol­to effi­ca­ce usa­to sem­pre più spes­so per impor­re alle mas­se ten­den­ze, ideo­lo­gie e nuo­ve mora­li sem­pre più assurde.

Per far­lo basta usa­re poche fra­si nel­la pre­sen­ta­zio­ne. Le più clas­si­che? Vedia­mo­le un po’ nel dettaglio

Usa­re la fra­se “…che fa impaz­zi­re il web”. 

Il truc­co è il più ter­ra-ter­ra: con­si­ste nel pre­sen­ta­re il web come un’es­sen­za com­pat­ta, indi­vi­dua­le e sen­zien­te, cosa che ovvia­men­te non solo non è vera ma è pro­prio oppo­sta alla real­tà. In que­sto modo le per­so­ne sono por­ta­te a con­si­de­ra­re il con­te­nu­to come già famo­so e quin­di si sen­to­no in dove­re di visualizzarlo.

Impor­re una mora­le come se già fos­se reale. 

Il truc­co con­si­ste nel fare leva sul mora­li­smo dei più bac­chet­to­ni in modo che accet­ti­no il nuo­vo para­me­tro come fon­da­men­ta­le. Tut­ti gli altri si ade­gua­no per pau­ra di espri­me­re un pare­re che temo­no andrà con­tro il pen­sie­ro comune.

Ad esem­pio con­ti­nua­re a par­la­re di don­ne obe­se o gran­di obe­se come se fos­se­ro il nuo­vo para­me­tro di rife­ri­men­to del­la bel­lez­za e del­la salu­te (“Cur­vy”).
La mag­gior par­te dei mora­li­sti accet­te­rà sen­za bat­ter ciglio (anzi par­ten­do subi­to a spa­da trat­ta nel­la dife­sa del nuo­vo baluar­do idio­ta), men­tre qua­si tut­ti gli altri non ose­ran­no con­trad­di­re per timo­re di anda­re controcorrente.

Uti­liz­za­re una cosa che tut­ti odia­no per spin­ge­re una per­so­na alla ribalta.

In que­sto caso si par­la soli­ta­men­te di un’in­ter­vi­sta in cui la per­so­na che deve esse­re spin­ta ver­so gli ono­ri del­la cro­na­ca ha “scon­fit­to” un feno­me­no socia­le avver­so. Può esse­re il bul­li­smo, piut­to­sto che una malat­tia o una mania etc. etc. Nel­la mag­gior par­te dei casi la sto­ria vie­ne let­te­ral­men­te tira­ta per i capel­li e tra­sfor­ma­ta per impat­ta­re posi­ti­va­men­te (anco­ra una vol­ta) sul mora­li­smo del­la mas­sa. Di soli­to ha il for­ma­to “Pin­co Pal­li­no: vi rac­con­to come ho scon­fit­to la dissenteria”

Ini­zia­re una fra­se con “IO… ” (Per esem­pio: “IO, vit­ti­ma dei bulli”)

Anco­ra una vol­ta un truc­co, que­sta vol­ta reto­ri­co. Usan­do il ter­mi­ne “IO” si fa capi­re che è una sto­ria indi­vi­dua­le, e in qual­che modo si “eroiz­za” quel­la sin­go­la per­so­na. Ma dato che IO è la paro­la più pro­nun­cia­ta dal­l’e­go, ecco che si for­ni­sce un pon­te diret­to al let­to­re per iden­ti­fi­car­si con il personaggio.

Pen­sa­te­ci la pros­si­ma vol­ta che leg­ge­te un quo­ti­dia­no… potre­ste accor­ger­vi di mol­te cose.

Per esem­pio che vi stan­no edu­can­do a pen­sa­re in modo pre­de­fi­ni­to, con­for­me, bece­ra­men­te mora­li­sta e irri­me­dia­bil­men­te meccanico.

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