Libri per pensare: La fine del dolore di J. Krishnamurti

J. Kri­sh­na­mur­ti fu un gran­de: le dis­se tut­te, ma pro­prio tut­te, per chiunque.

In que­sto testo non fa ecce­zio­ne. Inten­dia­mo­ci, non è un vero testo, ma il com­pen­dio di alcu­ne con­fe­ren­ze da lui tenu­te a Saneen nel 1980. E’ duro. Non è pia­ce­vo­le quel­lo che dice. Però è tre­men­da­men­te vero.

Ogni fra­se sem­bra un col­po di spa­da che infil­za una del­le tan­te iden­ti­fi­ca­zio­ni che ci afflig­go­no. Non è un manua­le, ben­ché con­ten­ga cen­ti­na­ia di con­si­gli pra­ti­ci. E’ più l’e­spo­si­zio­ne di un modo di pen­sa­re in modo luci­do, a vol­te fin trop­po, moti­vo per cui in tan­ti vol­ta­ro­no le spal­le a Krishnamurti.

Eppu­re è uno di quei testi che farem­mo meglio a rileg­ge­re di tan­to in tan­to, per­chè sono eter­ni, e lo rimar­ran­no fin­tan­to che dure­rà l’i­gno­ran­za del­l’es­se­re umano.

Se la tira­va, Jid­du? Può sem­bra­re, ma per quel­lo che pos­so aver com­pre­so io non se la tira­va affat­to: la sape­va, e la dice­va tutta.

Da leg­ge­re a pic­co­le dosi, altri­men­ti può dare effet­ti col­la­te­ra­li inde­si­de­ra­ti come liber­tà, capa­ci­tà cri­ti­ca, ele­va­zio­ne del pen­sie­ro, sen­so logi­co etc. etc.

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