Calze a cagarola. Anima altrettanto…

Le cal­ze a caga­ro­la. Una di quel­le cose che per­so­nal­men­te mi dan­no ai ner­vi in un modo… non so come dire… ata­vi­co? Ance­stra­le! Ecco, si… ance­stra­le è il ter­mi­ne giusto.

La cal­za alla caga­ro­la DEVE dar­ti fasti­dio. A meno che in te non si sia svi­lup­pa­to un prin­ci­pio di par­ti­co­la­re cor­ri­spon­den­za acquea, di adat­ta­bi­li­tà, oppu­re che quel­lo sia effet­ti­va­men­te l’ul­ti­mo paio di cal­ze a dispo­si­zio­ne e hai appun­ta­men­to con Dio (che comun­que le tol­le­ra ma fino ad un cer­to pun­to, ne sono sicu­ro), sono uno spec­chio, un simbolo.

Han­no una cor­ri­spon­den­za seman­ti­ca in fie­ri in rap­por­to al tuo svi­lup­po per­so­na­le, al rispet­to che hai di te. E quell’ ”in fie­ri” non è un bel segno, signi­fi­ca che stai sci­vo­lan­do sul sen­tie­ro del­la perdizione.

Par­lia­mo di cal­ze maschi­li, di que­gli orri­di cal­zi­ni a metà pol­pac­cio, che non sono ne car­ne ne pesce. Ma come fai… dico… come fai ad ave­re un cal­zi­no che sta a metà del pol­pac­cio, che con­ti­nua a man­da­re segna­li insta­bi­li al tuo siste­ma ner­vo­so, per­chè non sai mai se scen­de­rà, tra­sfor­man­do­si in un cal­zi­no alla caga­ro­la oppu­re in un infor­me ammas­so di tes­su­to indif­fe­ren­zia­to sul mocassino?

Come puoi sopportarlo?

E come puoi d’al­tron­de sop­por­ta­re il fan­ta­smi­no che vie­ne rego­lar­men­te fago­ci­ta­to dal­la scar­pa all’at­to del­la scal­za­tu­ra, rima­nen­do orbo mau­so­leo di te all’in­ter­no di una scar­pa? Quel cal­zi­no che a fine gior­na­ta acqui­si­sce pro­prie­tà autoa­de­si­ve, non essen­do pro­get­ta­to da 3M non è che for­se sta a rap­pre­sen­ta­re il fat­to che le tue estre­mi­tà secer­no­no suc­chi appic­ci­co­si? E che sei? Una suc­cur­sa­le del Vina­vil? Ela­va­ti­quei­pie­di… oppu­re fat­ti una doc­cia, ogni tanto…

Oppu­re la cal­za lun­ga, quel­la che sot­to il pan­ta­lo­ne con la pie­ga a col­tel­lo è d’ob­bli­go… ma per­de l’e­la­sti­ci­tò al col­lo, pre­ci­pi­tan­do ine­so­ra­bil­men­te lun­go lo stin­co nel cor­so del­la gior­na­ta.. come puoi sop­por­ta­re l’ur­to emo­ti­vo di un ela­sti­co mol­le? E’ come una sco­pa­ta asciut­ta… legna bagna­ta da arde­re… insom­ma… dicia­mo­ce­lo: anco­ra sia­mo nel ter­ri­bi­le ambi­to del­la cal­za alla cagarola.

E fem­mi­ne… cosa cre­de­te.. di esse­re immu­ni dal­la caga­ro­let­tia­na sin­dro­me? Ma come fate.. dico: come fate a deam­bu­la­re un’in­te­ra gior­na­ta con le pari­gi­ne che crol­la­no? Oppu­re che inter­rom­po­no la cir­co­la­zio­ne del san­gue sul­l’ar­te­ria femorale?

E che dia­mi­ne… (Leg­gi: ecchec­caz­zo…) chi dise­gna auto­reg­gen­ti ormai le pro­get­ta sul­la coscia fili­for­me e “zero calo­ries” di Kate Moss, dimen­ti­can­do­si che le don­ne, quel­le vere, han­no la coscia for­ma­ta non solo da ten­di­ni ossa e pel­le, ma anche da musco­li e da quel filo di sot­to­cu­ta­neo che tor­ni­sce non solo alla vii­sta ma anche al tatto…

E allo­ra o sie­te ano­res­si­che e allo­ra le pari­gi­ne alla caga­ro­la non sono il mas­si­mo oppu­re ave­te un lac­cio emo­sta­ti­co in zona cesa­ri­ni… (e sten­dia­mo un velo pie­to­so sul col­lant inte­ro; domo­pak sul­la topa… come potete?)

Le cal­ze sono lo spec­chio del­l’a­ni­ma; se non ten­go­no e le sop­por­ta­te… for­se vi sta­te ram­mol­len­do trop­po! (maschiet­ti e femminucce)

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