Anonymous: metacinema allo stato puro, con intelligenza

Deci­sa­men­te par­ti­co­la­re Ano­ny­mous. Non pos­so dire che mi sia dav­ve­ro pia­ciu­to. Ma il film non solo è dav­ve­ro bel­lo; è pure costrui­to con intel­li­gen­za, argu­zia, mestie­re e mol­ta arte.

Si ini­zia in un tea­tro, in cui un nar­ra­to­re (un sem­pre inquie­tan­te Derek Jaco­bi) intro­du­ce la sto­ria; le pri­me sce­ne sono reci­ta­te in tea­tro quin­di ma poi si pro­se­gue “entran­do” nel film. Alla fine la nar­ra­zio­ne ritor­na nel tea­tro e vi si con­clu­de; il sipa­rio si chiu­de e lo scher­mo mostra il pub­bli­co che se ne va dal­la sala, esat­ta­men­te come acca­de nel­la real­tà: lo defi­ni­rei “meta­ci­ne­ma” allo sta­to puro.

La sto­ria è sor­pren­den­te: non ho avu­to il tem­po di veri­fi­ca­re se l’i­po­te­si di base (non esi­ste­reb­be­ro mano­scrit­ti di Sha­ke­spea­re) sia rea­le oppu­re no, ma la tra­ma pre­sen­ta un’i­dea note­vo­le; Wil­liam Sha­ke­spea­re sareb­be sta­to il pri­mo “Gho­st Wri­ter” del­la sto­ria, per giun­ta al contrario.

Ovve­ro non sareb­be sta­to lui a scri­ve­re le pro­prie ope­re ben­sì qual­cun altro (non vi dico chi è per non rovi­nar­vi il film se vole­te anda­re a vederlo).

Il cast pre­sen­ta una reci­ta­zio­ne dav­ve­ro degna, con una Vanes­sa Red­gra­ve che da’ luo­go ad una per­for­man­ce a dir poco incredibile.

La rico­stru­zio­ne sce­no­gra­fi­ca è minu­zio­sa, poten­te­men­te immer­si­va e ti fa sen­ti­re tut­to il tan­fo oppres­si­vo del­l’e­po­ca puri­ta­na, qual­co­sa che, insie­me al per­be­ni­smo vit­to­ria­no, ammor­ba da sem­pre la cul­tu­ra e la socie­tà inglesi.

Gli intri­ghi di palaz­zo di Eli­za­beth, le tra­me ordi­te dal fami­ge­ra­to Lord Robert Cecil (un sor­pren­den­te Edward Hogg) e i con­ti­nui col­pi di sce­na, ricor­da­no da vici­no il “viziet­to” dei dram­mi Sha­ke­spea­ria­ni con tut­te le cir­con­vo­lu­zio­ni del caso; meta­ci­ne­ma nel metacinema.

E’ que­sto secon­do me il lato vin­cen­te di que­sto film: l’in­tel­li­gen­za con cui è sta­to pro­get­ta­to, insie­me al rea­li­smo impres­sio­nan­te, sia dal pun­to di vista sce­no­gra­fi­co che da quel­lo psicologico.

Atten­di­bi­li­tà del­la sto­ria o meno, il film è dav­ve­ro ben fat­to, reci­ta­to e rea­liz­za­to e pro­du­ce un’im­mer­sio­ne pra­ti­ca­men­te com­ple­ta in un’e­po­ca il cui oscu­ran­ti­smo si ten­de trop­po spes­so a dimenticare.

Da vede­re.

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