Tracce di Profumo: quando prevale il tempo

È dif­fi­ci­le far­ci caso, ma quan­do sia­mo attra­ver­sa­ti da pen­sie­ri come: “non c’è tem­po, devo sbri­gar­mi”, oppu­re “doma­ni devo fare qual­co­sa che mi distur­ba, mi spa­ven­ta, non mi pia­ce”, o anche “non vedo l’ora di…”, lo spa­zio attor­no a noi si con­tra­re. Nel sen­so che non vedia­mo e non agia­mo, se non per per­cor­re­re nel “più bre­ve tem­po pos­si­bi­le” l’intervallo di attesa.

Suben­tra come una spe­cie di para­li­si, ci si tro­va in una sor­ta di “spa­zio cri­stal­liz­za­to”, impri­gio­na­to dal tem­po che sci­vo­la via.

Se al ter­mi­ne di una qual­sia­si di que­ste gior­na­te ci si doman­da: “ma che ho fat­to oggi?”, la rispo­sta non potrà che esse­re: “non lo so”.

È l’atte­sa di un qual­co­sa, sia esso posi­ti­vo o nega­ti­vo, che ci imprigiona.

E così qual­sia­si capa­ci­tà crea­ti­va, qual­sia­si intui­zio­ne, qual­sia­si acca­di­men­to con­tem­po­ra­neo, qual­sia­si pos­si­bi­li­tà di pia­ni­fi­ca­zio­ne e pro­get­ta­zio­ne ci sfug­go­no com­ple­ta­men­te, al pun­to da appa­ri­re risuc­chia­ti in un enor­me “black hole”.

Quan­do “diven­tia­mo” l’evento, quan­do l’idea dell’evento si tra­sfor­ma in osses­sio­ne, uscia­mo dal­lo spa­zio del “fare” ed entria­mo in quel­lo del “subi­re”.

La nostra men­te infat­ti è com­ple­ta­men­te pro­te­sa ver­so una sola imma­gi­ne, un uni­co pen­sie­ro ricor­ren­te, un pun­to imma­gi­na­rio che si tro­va da qual­che par­te in un tem­po immaginario.

Ci tro­via­mo immo­bi­liz­za­ti come un ani­ma­le in “dife­sa” di fron­te al peri­co­lo, ma non ci muo­via­mo da lì per pau­ra di non saper gesti­re la sof­fe­ren­za pro­dot­ta dal distac­co, dal movi­men­to, dal­la scel­ta, dal­la risoluzione.

Ed è lì, in quell’angolo di infer­no, che ci tro­via­mo imman­ca­bil­men­te pre­da del­la tela del ragno. Non vivia­mo più, non ascol­tia­mo più, non creia­mo più, non desi­de­ria­mo più, non agia­mo più, non sap­pia­mo che fare, impri­gio­na­ti da un’idea che ci ha del tut­to annientati.

Non andia­mo incon­tro a un cam­bia­men­to, ne a una tra­sfor­ma­zio­ne, e non costruia­mo in nes­sun modo la pos­si­bi­li­tà di inte­ra­gi­re col fron­te degli eventi.

L’immagine cri­stal­liz­za­ta crea un’esistenza cristallizzata.

E si vive in un con­ti­nuo spa­zio di atte­sa, nel­la vana spe­ran­za che all’ultimo acca­da qual­co­sa che “ci sal­vi” ma che, natu­ral­men­te, non accade…

Quel­la odier­na per me è una gior­na­ta par­ti­co­la­re. Non c’è nul­la che io “deb­ba o non deb­ba fare”, nes­su­no luo­go in cui cor­re­re, nes­sun even­to da evi­ta­re o da catturare.

Come si suol dire: “il tem­po si è fermato”.

Non esi­ste un “pun­to” che frul­la con­ti­nua­men­te nel­la mia men­te. Si potreb­be dire che non c’è aspet­ta­ti­va e non c’è iden­ti­fi­ca­zio­ne. C’è solo tut­ta la sof­fe­ren­za asso­cia­ta al “movi­men­to”, alla “scel­ta” ovve­ro a quel­la riso­lu­zio­ne che è mera­men­te inte­rio­re pri­ma che ester­na. Ades­so non rima­ne che pas­sar­ci attraverso.

E così mi sono mes­sa a scri­ve­re que­sto articolo.

Ho rico­min­cia­to a muo­ver­mi nel­lo spa­zio vitale…

Il solo “luo­go” di espres­sio­ne, il solo “cam­po” di possibilità…

Con­di­vi­di
3 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Donatilla

Gra­zie del­l’in­te­res­san­te arti­co­lo… ne hai fat­to di strada…

Sting

Ben­tro­va­ta, :embra­ce:
come sem­pre con acu­te e pro­fon­de riflessioni.
Si vede che non spre­chi il tuo tempo…! 😉

Valeria

Gra­zie mil­le a entram­bi! Ma… non è meri­to mio, è la vita che ha un bigliet­to di sola anda­ta… :bye: