Tracce di Profumo: Il giudizio ritrovato – By Valeria

È mol­to più fre­quen­te di quan­to si imma­gi­ni il rite­ne­re la pro­pria inter­pre­ta­zio­ne di un even­to o di un com­por­ta­men­to altrui o per­fi­no del pro­prio, un veri­tà oggettiva.

Natu­ral­men­te non è così e lo si può facil­men­te dedur­re dal nume­ro di diver­se inter­pre­ta­zio­ni che pos­so­no sca­tu­ri­re dal­le mol­te per­so­ne che han­no con­tem­po­ra­nea­men­te assi­sti­to alla mede­si­ma circostanza.

Ci vie­ne inse­gna­to fin da bam­bi­ni il con­cet­to di “bene” e “male”. Se un tizio ci rifi­la un caz­zot­to deve esse­re per for­za “male” (visto che ci ha fat­to male), maga­ri non ci sia­mo accor­ti di aver­gli appe­na pesta­to un piede.

Per ave­re qual­che mini­ma pro­ba­bi­li­tà di otte­ne­re una visio­ne d’insieme di un avve­ni­men­to, e sem­pre più ade­ren­te all’oggettività, biso­gne­reb­be allon­ta­nar­se­ne un po’, così come farem­mo con un qua­dro impressionista.

Per vede­re (o anche solo intui­re) un “dise­gno più ampio” è neces­sa­rio allar­ga­re il pro­prio cam­po visivo.

Per fare que­sto, il pri­mo pas­so da com­pie­re è quel­lo di eli­mi­na­re il giu­di­zio o, per meglio dire, qual­sia­si for­ma di inter­pre­ta­zio­ne di ciò che stia­mo esa­mi­nan­do (anche quan­do l’osservatore e l’osservato sono la stes­sa per­so­na, impre­sa che diven­ta se pos­si­bi­le anco­ra più difficile).

Ma que­sto è uno sco­glio mol­to duro da supe­ra­re, la doman­da infat­ti sor­ge spon­ta­nea: “allo­ra non dovrei più ave­re opi­nio­ni sul mondo?”

Non si trat­ta di que­sto ma “solo” di met­te­re in con­to che for­se (e mol­to più spes­so di quan­to si cre­da) non pos­se­dia­mo tut­ti gli ele­men­ti neces­sa­ri a rag­giun­ge­re una vera comprensione.

E anche doves­si­mo pos­se­der­li, rima­ne sem­pre il rischio (ele­va­tis­si­mo) di vede­re fil­tra­to ciò che noi osser­via­mo dal nostro spe­ci­fi­co “cam­po visi­vo” che può esse­re limi­ta­to da mil­le “fat­to­ri di con­fon­di men­to” (emo­ti­vi, psi­co­lo­gi­ci, ecc).

In altre paro­le, ciò che si cono­sce meno è il pro­prio limite.

Ed è appun­to que­sto limi­te che si va cer­can­do in un per­cor­so di ricer­ca inte­rio­re. Un limi­te che ci riguar­da mol­to da vici­no essen­do, appun­to, il nostro.

Sem­pli­fi­can­do, se sia­mo dal­to­ni­ci sen­za saper­lo non potre­mo coglie­re l’armonia del colo­re e così, un qua­dro che a tut­ti gli altri sem­bre­rà bel­lis­si­mo, a noi potreb­be non dire asso­lu­ta­men­te nulla.

In que­sta cir­co­stan­za sare­mo por­ta­ti a cre­de­re che chi apprez­za quell’opera d’arte non pos­sie­da alcu­na sen­si­bi­li­tà ne sen­so este­ti­co e quin­di non potrà che scam­bia­re una qual­sia­si tela mal dipin­ta per capolavoro.

Eppu­re… for­se abbia­mo di fron­te un Van Gogh e non ce ne sia­mo resi conto.

Ma con il tem­po e la pazien­za, con l’allenamento a non giun­ge­re trop­po rapi­da­men­te a con­clu­sio­ni affret­ta­te, len­ta­men­te si allar­ga il cam­po visi­vo e per­cet­ti­vo abba­stan­za da ren­der­ci sem­pre più con­sa­pe­vo­li e capa­ci di avvi­ci­nar­ci ad una visio­ne più ade­ren­te al vero.

Vedia­mo due per­so­ne liti­ga­re e, pri­ma di schie­rar­ci con l’una o con l’altra in fun­zio­ne del­le nostre istin­ti­ve sim­pa­tie, osser­via­mo la sce­na dall’esterno. E sco­pria­mo quan­to pesan­te­men­te la mag­gio­re affi­ni­tà ver­so una del­le due rischia­va di influen­za­re il nostro giu­di­zio sull’accaduto.

In effet­ti con volon­tà ed espe­rien­za, que­sto pro­ces­so di cam­bia­men­to avvie­ne, len­ta­men­te ma inesorabilmente.

Però pur­trop­po, a que­sto pun­to del cam­mi­no affio­ra un peri­co­lo; un gran­de quan­to dif­fu­so pericolo.

Cre­de­re di aver com­pre­so tutto.

Quel­la ten­den­za al giu­di­zio indi­scri­mi­na­to che per tan­to tem­po ci ave­va divi­si dagli altri, ce li ave­va fat­ti rite­ne­re sba­glia­ti, ina­de­gua­ti, inca­pa­ci, osti­li, super­fi­cia­li o pre­sun­tuo­si, dopo anni di lavo­ro su di se potreb­be improv­vi­sa­men­te e pre­po­ten­te­men­te riaf­fio­ra­re e con mag­gio­re con­vin­zio­ne e for­za di un tem­po, pro­prio in ragio­ne dei pas­si compiuti.

Un po’ come potreb­be fare un vec­chio pro­fes­so­re uni­ver­si­ta­rio che, dopo anni e anni di ricer­ca ed espe­rien­za matu­ra­ta, guar­da al gio­va­ne lau­rea­to con suf­fi­cien­za e sen­za accor­ger­si che il ragaz­zo, pur nel­la sua ine­spe­rien­za, gli ha sug­ge­ri­to qual­co­sa che in effet­ti è una gran­de intuizione.

Ogni tan­to occor­re­reb­be vol­ger­si al nuo­vo gior­no con la sag­gez­za del vec­chio (quan­do c’è…) ma con gli occhi del bambino.

Altri­men­ti la nostra ricer­ca è già arri­va­ta al capo­li­nea, sen­za più alcu­na pos­si­bi­li­tà di procedere.

Io cre­do ci sia un que­si­to che dovrem­mo perio­di­ca­men­te por­ci: quan­do iro­niz­zia­mo o ridi­co­liz­zia­mo qual­cu­no che ricer­ca come noi da tan­ti anni e ci sem­bra non abbia capi­to un caz­zo, pro­via­mo per un istan­te a fer­mar­ci e doman­dar­ci cosa lui sta osser­van­do in noi.

For­se ci osser­va nel più asso­lu­to silen­zio, for­se intuen­do le nostre dif­fi­col­tà, le nostre pau­re e debo­lez­ze e, for­se, sta guar­dan­do a tut­to que­sto con atteg­gia­men­to di pro­fon­do affet­to, rispet­to, sti­ma e compassione.

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4 Commenti
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Michele

Da un daltonico…
La tua meta­fo­ra sul dal­to­ni­smo e’ sem­pli­ce­men­te fantastica.

Abban­do­na­re il pre­giu­di­zio (nel sen­so più allar­ga­to e meno nega­ti­vo del ter­mi­ne) è uno sfor­zo che dovreb­be­ro cer­ca­re tut­ti di fare.

Pur­trop­po ci sia­mo pro­fon­da­men­te abi­tua­ti ad ave­re opi­nio­ni ed a giu­di­ca­re sen­za pri­ma appro­fon­di­re vera­men­te tut­ti gli aspet­ti di quel­lo che stia­mo osservando.
Mia per­so­na­le opi­nio­ne è che que­sto dipen­da anche da una sem­pre più radi­ca­ta “pigri­zia” men­ta­le che ci por­ta ad accet­ta­re come nostri giu­di­zi ed opi­nio­ni cala­ti dall’alto.

Dovrem­mo vera­men­te tut­ti deci­de­re di met­te­re in discus­sio­ne le nostre con­vin­zio­ni e cer­ca­re di vede­re le cose da altre angolazioni.
E’ uno sfor­zo note­vo­le ma, sono con­vin­to, ci mostre­reb­be nuo­ve armo­nie a noi sconosciute.

Valeria
Reply to  Michele

Si Miche­le, “dovrem­mo”, ma è una deci­sio­ne sem­pre dif­fi­ci­le da pren­de­re e anco­ra più dif­fi­ci­le è met­ter­la in pra­ti­ca. O cre­dia­mo di aver capi­to tut­to o di non aver capi­to nul­la… In entram­bi i casi, è solo illusione.
Abbrac­ci :bye:

Giuseppe

…Ogni tan­to occor­re­reb­be vol­ger­si al nuo­vo gior­no con la sag­gez­za del vec­chio (quan­do c’è…) ma con gli occhi del bambino.
Bel­lo. Bel post. Ben fatto…grazie.

Valeria
Reply to  Giuseppe

Giu­sep­pe… grazie!