Tracce di Profumo: incontro di anime – By Valeria

Ieri sera osser­va­vo una cop­pia sedu­ta al tavo­lo di un bar.

Lui guar­da­va un tele­vi­so­re acce­so ma, io cre­do, sen­za real­men­te veder­lo. Lei dopo un po’, anno­ia­ta o for­se intri­sti­ta, pre­se dal­la pro­pria bor­sa un libro e si mise a leggere.

Nei loro vol­ti non v’era trac­cia di quel­la com­pli­ci­tà che si può assa­po­ra­re anche nel silen­zio, e dal sem­pli­ce pia­ce­re di con­di­vi­de­re un istan­te del­la pro­pria vita in cui si è paghi cia­scu­no del­la pre­sen­za dell’altro.

Nei loro occhi c’era una enor­me distan­za. For­se cia­scu­no di loro era immer­so nei pro­pri incon­fes­sa­bi­li sogni, lon­ta­no anni luce dal “sen­ti­re” l’altro e dell’altro. Trop­po lon­ta­no da quell’incontro di ani­me che riem­pie il cuo­re del per­ce­pi­re il magi­co incan­to del­la vita che scorre.

Osser­var­li indu­ce­va a chie­der­si cosa avreb­be­ro fat­to loro del­le loro vite se – anche sol­tan­to per un momen­to – aves­se­ro potu­to osser­va­re se stes­si non emo­ti­va­men­te, non come mero eser­ci­zio men­ta­le, ma sem­pli­ce­men­te con luci­da per­ce­zio­ne di quel che sta­va­no espri­men­do i loro volti.

For­se, il sem­pli­ce atto di “vede­re”, di veder­si dall’esterno, avreb­be potu­to dis­si­pa­re mol­ti dubbi.

Aves­se­ro potu­to, anche solo per pochi minu­ti, vede­re il vuo­to dei loro occhi, l’assenza di empa­tia, la man­can­za di inten­si­tà, lon­ta­no da tut­to il cari­co emo­ti­vo di sen­si di col­pa e auto­com­mi­se­ra­zio­ne, avreb­be­ro avu­to la gran­de occa­sio­ne di com­pren­de­re sem­pli­ce­men­te “ciò che è”.

Allo­ra ogni reci­pro­ca fin­zio­ne, ogni obbli­go che cia­scu­no for­se sen­ti­va nei con­fron­ti dell’altro, ogni pau­ra di dover affron­ta­re una pre­sun­ta soli­tu­di­ne nel caso cia­scu­no aves­se pre­so la pro­pria stra­da, tut­to que­sto sareb­be crol­la­to di colpo.

Per­ché? Non è for­se già soli­tu­di­ne quel­la in cui si tro­va­va­no immersi?

“Pren­de­re atto” è l’unica pos­si­bi­li­tà di cam­bia­men­to. Fino a quan­do ci si lascia con­di­zio­na­re dal­le opi­nio­ni di se stes­si e dell’altro, dai pan­ta­ni emo­ti­vi, fin tan­to che si rima­ne com­pres­si fra il biso­gno di fuga e il timo­re di esse­re giu­di­ca­ti e aggre­di­ti dall’altro, non si può che con­ti­nua­re a vive­re quel­la solitudine.

A vol­te un desi­de­rio qua­si invo­lon­ta­rio sta­zio­na nel­la nostra mente…

Vor­rem­mo qual­co­sa per noi nel­lo svol­ger­si del­la nostra esi­sten­za sen­za osa­re con­fi­dar­lo nep­pu­re a noi stes­si, qua­si che in que­sta vita così spes­so dolo­ro­sa e sof­fe­ren­te nostro mal­gra­do, desi­de­ra­re qual­co­sa di bel­lo pos­sa costi­tui­re una sor­ta di erro­re, di sbaglio.

Mol­te per­so­ne che dichia­ra­no di “saper­si accon­ten­ta­re” in real­tà vivo­no una vita sepa­ra­ta al loro inter­no: da un lato il loro vive­re quo­ti­dia­no e ordi­na­rio, dall’altro l’idea, il sogno, l’aspettativa di un’altra esi­sten­za, pro­du­cen­do così una sor­ta di stal­lo nel qua­le vivo­no sen­za pas­sio­ne il loro pre­sen­te e non osa­no costrui­re un futu­ro soddisfacente.

Chis­sà, tut­to que­sto for­se acca­de a cau­sa di quel sen­so del pec­ca­to instil­la­to dal­la nasci­ta. O per mil­le altre ragio­ni. Ma tant’è, e cia­scu­no costrui­sce la pro­pria pri­gio­ne e, quel che è peg­gio, anche quel­la dell’altro com­po­nen­te del­la cop­pia, intrap­po­la­to nel­la stes­sa logi­ca e pri­gio­nie­ro del­la pau­ra di aver disat­te­so i desi­de­ri del pri­mo, di aver disil­lu­so, di non esse­re sta­to all’altezza del­le aspet­ta­ti­ve, finen­do con l’inseguire un biso­gno di con­fer­me più che un vero desi­de­rio di ama­re ed esse­re amati.

Poi un gior­no suben­tra la vec­chia­ia, len­ta eppu­re ine­so­ra­bi­le, e allo stes­so tem­po trop­po rapi­da per­ché ogni momen­to di vita sogna­ta e non vis­su­ta, ogni istan­te dal qua­le si vor­reb­be “sci­vo­la­re fuo­ri” nel più bre­ve tem­po pos­si­bi­le, fun­ge da acce­le­ra­to­re del “tem­po sog­get­ti­vo” che comin­cia a scor­re­re rapi­do come un tre­no in cor­sa. E ci si tro­va ormai al capo­li­nea con il rim­pian­to negli occhi, con la con­sa­pe­vo­lez­za di un tem­po ora­mi giun­to al termine.

Soprag­giun­ge quel­la vec­chia­ia che si pen­sa­va non doves­se arri­va­re mai, con i figli ormai lon­ta­ni, e la cer­tez­za di non aver vis­su­to le poche cose che si sono desi­de­ra­te vera­men­te e che avreb­be­ro reso la pro­pria vita degna di esse­re vissuta.

A vol­te sol­tan­to allo­ra ci si accor­ge che il cam­mi­no intra­pre­so era obbli­ga­to solo nel­la pro­pria men­te, si diven­ta con­sa­pe­vo­li di aver lascia­to anda­re la pro­pria vita alla deri­va e di aver­ci tra­sci­nan­do altre vite vin­co­lan­do­le a un’illusoria idea di giu­sti­zia, pro­du­cen­do inve­ce sof­fe­ren­za in se stes­si e attor­no a se…

Ed esau­ren­do ogni pos­si­bi­li­tà di vero “incon­tro di ani­me”, vin­co­lan­do­si ad una esi­sten­za immer­sa nel­la più com­ple­ta solitudine…

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4 Commenti
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vito

bel­lis­si­mo.… con­di­vi­do in pieno

Michelec

Spie­ta­ta ana­li­si di una veri­tà disar­man­te che trop­pe vol­te si pre­sen­ta ai nostri occhi.

jackill

Ecce­zio­na­le !!!!! :swim:

Valeria

Gra­zie a tut­ti… e buo­na sera­ta :bye: