Tracce di Profumo: Mondiali – By Valeria

Io non amo il gio­co del cal­cio, anzi, lo tro­vo un po’ noio­so. Ma i mon­dia­li li guar­do… quan­do gio­ca l’Italia.

Ciò che mi appas­sio­na mol­to è per­ce­pi­re, duran­te la par­ti­ta, quel pro­pa­gar­si di uno sta­to emo­ti­vo gene­ra­liz­za­to e “uni­di­re­zio­na­to”.

Un’emozione simul­ta­nea, che segue di fra­zio­ni di secon­do l’azione sul cam­po da gioco.

Un’emozione così for­te da span­der­si nell’aria, dif­fon­der­si nell’etere, attra­ver­sa­re i muri del­le case.

Come una sola onda…

Sem­bra com­pier­si un pic­co­lo mira­co­lo, reso pos­si­bi­le dal­la dif­fu­sio­ne in tut­te le case dell’evento cal­ci­sti­co che pare assu­me­re la fun­zio­ne di “ger­me di cri­stal­liz­za­zio­ne” dell’emotivo uma­no, di vei­co­lo di emo­zio­ni che si dire­zio­na­no e si sta­bi­liz­za­no tut­te con­tem­po­ra­nea­men­te su un pen­sie­ro comu­ne e sta­bi­le e, se la Nazio­na­le vin­ce, per­fi­no (e soprat­tut­to) positivo.

Mol­ti anni fa mio padre ricor­da­va spes­so che nei tem­pi del­la sua infan­zia, duran­te i qua­li si vive­va il momen­to di mas­si­ma cri­si socia­le ed eco­no­mi­ca, di crol­lo di valo­ri e (pur­trop­po) di una guer­ra mon­dia­le immi­nen­te, fra le per­so­ne si era dif­fu­so un fana­ti­smo esa­spe­ra­to per il gio­co del calcio.

Fat­to che lui giu­di­ca­va come il segna­le dell’impoverimento del­le men­ti uma­ne. E for­se ave­va anche ragione.

Non con­si­de­ra­va però – for­se per esser­vi sta­to lui stes­so immer­so – quel sen­so di iso­la­men­to che, duran­te i momen­ti di cri­si, spes­so accom­pa­gna il gene­re umano.

In tali momen­ti c’è un biso­gno esa­spe­ra­to di con­tat­to con gli altri che vie­ne tut­ta­via ini­bi­to da una sor­ta di apa­tia, di “stal­lo emozionale”.

Ci si incon­tra, si esce con ami­ci, paren­ti, cono­scen­ti, col­le­ghi di lavo­ro, ma qual­co­sa bloc­ca il flus­so emo­ti­vo tra indi­vi­dui impe­den­do loro di toc­car­si in profondità.

Aumen­ta la dif­fi­den­za inter­per­so­na­le e quan­do si inte­ra­gi­sce con per­so­ne che sem­bra­no vibra­re sul­la pro­pria cor­da, ci si doman­da dov’è il “truc­co”.

Ecco che allo­ra aggre­gar­si attor­no a un sem­pli­ce even­to cal­ci­sti­co, lon­ta­no per sua natu­ra da com­po­nen­ti emo­ti­ve più raf­fi­na­te e pro­fon­de, ripro­du­ce quel biso­gno di “uni­tà posi­ti­va” che infon­do l’individuo cer­ca da sempre.

È come se per una man­cia­ta di minu­ti si apris­se una por­ta che con­sen­te al flus­so di emo­zio­ni di tran­si­ta­re da un esse­re all’altro, sen­za però quel­le impli­ca­zio­ni “pro­fon­de” che pro­du­co­no, nei momen­ti bui, la pau­ra del­la delu­sio­ne, il sen­so di per­di­ta, di ina­de­gua­tez­za, il timo­re di una sconfitta.

Cer­ta­men­te è sol­tan­to un sur­ro­ga­to di un poten­zia­le uma­no che ha ben altre pos­si­bi­li­tà di inte­ra­zio­ne, ma è indub­bia­men­te (e tra­gi­ca­men­te) un segno dei tempi.

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4 Commenti
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Artos

Ciao Vale­ria ti fac­cio i com­pli­men­ti per la pro­fon­di­tà di ciò che hai scritto.
Sono d’ac­cor­do con te per quan­to riguar­da l’e­mo­ti­vi­tà nei momen­ti nega­ti­vi. Tut­ta­via anch’es­si ogni tan­to sono neces­sa­ri, in quan­to ser­vo­no ad effet­tua­re una sor­ta di puli­zia interiore.
L’im­por­tan­te è non dare sem­pre (quan­do le cose van­no male) per for­za la col­pa a qual­cu­no o a qual­co­sa o maga­ri iden­ti­fi­car­si in cose sbagliate.
Per quan­to riguar­da i momen­ti posi­ti­vi inve­ce, c’è da dire che quan­do le cose van­no bene non ci si accor­ge di nien­te, diven­tia­mo ciechi.
Io ho un sogno che col­ti­vo sin da pic­co­lo ovve­ro vive­re in un mon­do uni­co com­po­sto da un’u­ni­ca emo­zio­ne. Ma pro­ba­bil­men­te non lo vedrò mai realizzato.
Per quan­to riguar­da il cal­cio, un tem­po anche io segui­vo e tifa­vo per la nazio­na­le, poi però ho capi­to che anche nel­lo sport e soprat­tut­to nel mon­do del cal­cio si sa già in anti­ci­po chi deve vin­ce­re il mon­dia­le, l’eu­ro­peo, il cam­pio­na­to etc.
Ciao

Valeria
Reply to  Artos

Ciao Artos, io pro­prio non cre­do che le emo­zio­ni nega­ti­ve pos­sa­no fun­ge­re da vei­co­lo di puli­zia interiore.
Sareb­be come dire che uno riem­pie di spaz­za­tu­ra la sua casa per ripulirla…
Cer­to, se la con­te­nia­mo già, sareb­be un bene impa­ra­re a vede­re quel­la spaz­za­tu­ra anzi­ché infi­lar­la sot­to il tappeto.
Maga­ri, osser­van­do­la per un tem­po suf­fi­cien­te­men­te lun­go, ci si può accor­ge­re che in un ambien­te puli­to si vive meglio e allo­ra ci si rim­boc­ca le mani­che e si comin­cia a liberarsene.
Io la pen­so così… Gra­zie comun­que del pas­sag­gio e del commento
P.S.: se non desi­de­ria­mo libe­rar­ci del brut­to in casa nostra nem­me­no sapre­mo apprez­za­re il bel­lo e i momen­ti posi­ti­vi quan­do ci sono, non credi?

Andrea G

Otti­ma osser­va­zio­ne Vale­ria, secon­do me, soprat­tut­to per­ché fat­ta “a lato” del­le più ovvie fazio­ni, pro o con­tro il “super­fi­cia­le”.
Pos­so dire per­so­nal­men­te di cer­ca­re sem­pre ciò che è pro­fon­do e dif­fi­da­re da ciò che non lo è, però col tem­po ho impa­ra­to che, in fon­do, non esi­ste qual­co­sa di per sé super­fi­cia­le, piut­to­sto è il modo in cui per­ce­pia­mo che può esserlo.
Se la Veri­tà è ovunque…è anche in una par­ti­ta di cal­cio e nel con­te­sto nel­la qua­le essa si inserisce!
E non è solo qual­co­sa di bel­lo teo­ri­ca­men­te. Que­sta visio­ne con­tie­ne un poten­zia­le ope­ra­ti­vo notevole.
Se infat­ti si riu­scis­se a discer­ne­re lo sta­to d’a­ni­mo (in que­sto caso la ten­sio­ne a quelll’ ”uni­ta posi­ti­va”) dal­l’e­ven­to al qua­le è col­le­ga­ta, allo­ra si potreb­be impa­ra­re ad “espor­tar­lo” in altri eventi.
Disen­ti­fi­can­do­si dal­l’e­ven­to in sè e foca­liz­zan­do l’at­ten­zio­ne soprat­tut­to sul­lo stato.
In poten­za baste­reb­be que­sto: un “pon­te”, un col­le­ga­men­to, qual­co­sa o qual­cu­no che ci por­ta a vede­re quan­to, in fon­do, sap­pia­mo già ama­re, solo che che con­fon­dia­mo l’a­mo­re con l’og­get­to amato…
.…alme­no secon­do me!
Gra­zie Vale­ria dei tuoi articoli!

Valeria
Reply to  Andrea G

Gra­zie a te Andrea per que­sto bel­lis­si­mo com­men­to che con­di­vi­do inte­gral­men­te. Gra­zie davvero!