Tracce di Profumo. Parole effimere. – By Valeria

Su que­sto pia­ne­ta si par­la trop­po, e spes­so ci si par­la addosso.

Di paro­le che vibra­no su cor­de nega­ti­ve ce ne sono in abbon­dan­za e non vale cer­to la pena di evocarle.

Ma fre­quen­te­men­te alcu­ni dispen­sa­no inte­re fra­si elar­gen­do­le come per­le di sag­gez­za, di cono­scen­za, di amo­re, di affet­to. Sem­bra un bene que­sto ma non sem­pre lo è…

Tut­ti par­la­no ma pochi si doman­da­no qua­le effet­to pro­dur­ran­no i loro discor­si in chi, maga­ri inge­nua­men­te, ne vie­ne investito.

In pochi si doman­da­no se il signi­fi­ca­to più pro­fon­do di quan­to stan­no espri­men­do cor­ri­spon­de vera­men­te al loro sen­ti­re, pochi si pren­do­no la respon­sa­bi­li­tà del­le loro asser­zio­ni, pochis­si­mi san­no ascol­tar­si abba­stan­za one­sta­men­te da com­pren­de­re se saran­no poi in gra­do di soste­ne­re le loro paro­le con i fatti.

A vol­te anche le fra­si più bel­le, le fra­si d’amore, di gra­ti­tu­di­ne, di sti­ma, pos­so­no diven­ta­re come lame acu­mi­na­te per la per­so­na a cui sono diret­te, il gior­no in cui essa sco­pri­rà, suo mal­gra­do, che sono sta­te det­te per gio­co, per volut­tà o, peg­gio, per con­vin­zio­ne di elar­gi­re atti­mi di pia­ce­re o di gio­ia nel nostro sen­si­bi­le e atten­to ascoltatore.

Come Dei magna­ni­mi, alcu­ne per­so­ne cre­do­no for­se di dona­re momen­ti di calo­re e luce, gra­ti­fi­can­ti e cura­ti­vi per l’animo di chi li riceve.

In real­tà quel­le per­so­ne espri­mo­no sola­men­te il biso­gno di gra­ti­fi­ca­re se stesse.

Ma il momen­to del­la veri­tà arri­va sempre.

Allo­ra il mira­bi­le ora­to­re si tra­sfor­me­rà improv­vi­sa­men­te in un male oscu­ro che ha feri­to e umiliato.

Quel­le paro­le acqui­ste­ran­no il sapo­re del­la mal­di­cen­za, del­la super­fi­cia­li­tà, del­la asso­lu­ta man­can­za di compassione.

Pro­dur­ran­no un for­te dolo­re in chi le ha rice­vu­te. Apri­ran­no feri­te che non rimar­gi­na­no, feri­te pro­fon­de, feri­te dell’anima. Le più dif­fi­ci­li da cura­re. Impos­si­bi­li da cancellare.

Cica­tri­ci che lasce­ran­no trac­ce pro­fon­de e indelebili

Ogni tan­to, pri­ma di apri­re la boc­ca, mol­ti dovreb­be­ro far­si del­le domande.

Ma for­se la loro intrin­se­ca natu­ra ego­cen­tri­ca e super­fi­cia­le gli potreb­be impe­di­re di ela­bo­ra­re qual­sia­si con­si­de­ra­zio­ne mini­ma­men­te pro­fon­da e benevola.

A que­ste per­so­ne con­si­glio un gio­co. Con­si­glio loro di imma­gi­na­re che gli effet­ti del­la deva­sta­zio­ne che pro­du­co­no, del dolo­re, del­la delu­sio­ne più pro­fon­da, rie­cheg­gi­no per l’eternità.

Lo fac­cia­no que­sto gio­co, pro­vi­no a fare un pic­co­lo sfor­zo di imma­gi­na­zio­ne. E allo­ra for­se, pri­ma di elar­gi­re doni ine­si­sten­ti, pri­ma di offri­re sca­to­le vuo­te, pri­ma di pro­pa­gan­da­re se stes­si dif­fon­den­do dol­ci e amo­re­vo­li fal­si­tà, maga­ri pen­se­ran­no. Per un momen­to, rifletteranno.

Imma­gi­nan­do que­gli effet­ti che essi stes­si han­no pro­dot­to come scol­pi­ti per sem­pre nell’etere e nel cuo­re del loro ber­sa­glio, potreb­be aprir­si un pic­co­lo var­co di com­pas­sio­ne nel loro cuo­re ina­ri­di­to e spento.

Attra­ver­so que­sto “eser­ci­zio di sti­le”, maga­ri con gli anni, con l’età che avan­za, la vec­chia­ia, la malat­tia, la sof­fe­ren­za, impa­re­ran­no a distin­gue­re fra il vero amo­re per il pros­si­mo che, come luce divi­na, nutre la vita, e l’effimera luce del­la vani­tà che uccide.

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Giuseppe

Mol­to pro­fon­da, come sem­pre, Valeria.
Anch’io riflet­to spes­so sul­l’im­pat­to che
le mie paro­le pos­so­no ave­re su chi mi ascol­ta o mi legge.
Riflet­to (con mol­ti dub­bi) su quan­to sono sin­ce­ro, coe­ren­te e com­pe­ten­te. Cer­co di sop­pe­sa­re bene
le mie paro­le e, quan­do pos­so (ma non è faci­le), taccio.
Pri­ma di apri­re il mio blog ci ho riflet­tu­to sù diver­si mesi.
E spes­so mi vie­ne la for­te ten­ta­zio­ne di smet­te­re di scri­ve­re e di parlare.
…e immer­ger­ger­mi nel silenzio.
Poi il pre­sun­tuo­so che è in me pren­de il soprav­ven­to e dice: “Se smet­to anch’io di par­la­re, io che “pre­su­mo” di aver com­pre­so qual­co­sa in più di mol­ti altri. Io che “pre­su­mo” di esse­re più sin­ce­ro e più altrui­sta, che ne sarà di quei pove­rac­ci che vivo­no nell’ignoranza?
E giù altre parole.
Parole…parole…

Valeria

Giu­sep­pe, cre­do sareb­be un erro­re chiu­de­re un blog per i dub­bi che pos­so­no nasce­re quan­do pro­po­nia­mo a un pub­bli­co le nostre idee. Quei dub­bi sono oltre­tut­to una risor­sa; così come le idee di tan­ti costi­tui­sco­no una ricchezza.
La que­stio­ne dell’integrità o meno di quel che espri­mia­mo, a cui ho fat­to rife­ri­men­to, nasce in tut­ti quei casi in cui deli­be­ra­ta­men­te le per­so­ne usa­no le paro­le come stru­men­to per irre­ti­re, con­qui­sta­re, mono­po­liz­za­re, gon­fia­re il pro­prio ego…
E que­sto non è di cer­to il tuo caso! Tu, per favo­re, con­ti­nua a scrivere…

Giuseppe

Gra­zie Vale. 😉

jackll

Bel­la Riflessione !