Lasciarsi attraversare, per imparare.

Non sem­pre è pos­si­bi­le vive­re qual­co­sa in pri­ma persona.

Mol­ti even­ti non sono “vivi­bi­li” per­so­nal­men­te, per­chè avven­go­no entro un con­te­sto, maga­ri con un loro “les­si­co com­por­ta­men­ta­le”. Al pun­to che ripro­dur­li è dav­ve­ro impossibile.

Espe­rien­ze macro­sco­pi­che, ad esem­pio, come tro­var­si coin­vol­ti in una spa­ra­to­ria, una guer­ra, crea­no una sor­ta di col­lan­te tra chi le ha vis­su­te, anche se ovvia­men­te l’e­spe­rien­za non può che esse­re soggettiva.

Ma di fron­te all’e­nor­mi­tà di un fat­to come quel­li cita­ti, per quan­to sog­get­ti­va, l’e­spe­rien­za ha comun­que livel­li di pos­si­bi­le con­di­vi­sio­ne mol­to elevati.

Que­sto è dovu­to all’e­ner­gia intrin­se­ca del­la situa­zio­ne. Uno shock trau­ma­ti­co da esplo­sio­ne, o da com­bat­ti­men­to, ha una sua ener­gia tal­men­te ele­va­ta che l’e­spe­rien­za del­lo stes­so, per quan­to sog­get­ti­va, vie­ne vis­su­ta più o meno in modo comune.

Diver­so è quan­to acca­de inve­ce nel momen­to in cui si par­la pro­prio di una “pic­co­la” espe­rien­za, di qual­co­sa di personale.

Nel­la vita di ognu­no di noi acca­do­no pic­co­le o gran­di “rive­la­zio­ni”, epi­fa­nie che han­no sen­so solo all’in­ter­no di un par­ti­co­la­re spa­zio di esperienza.

Eppu­re è pos­si­bi­le appren­de­re, impa­ra­re anche dal­le espe­rien­ze di altri.

Quan­do sia­mo assil­la­ti da un pro­ble­ma, da una pena per­so­na­le, a vol­te è pos­si­bi­le uscir­ne sem­pli­ce­men­te ascoltando.

Ascol­tan­do dav­ve­ro, con il cuo­re, con tut­to noi stes­si ciò che una per­so­na può aver vissuto.

Allo­ra può acca­de­re che ciò che quel­la per­so­na ha vis­su­to ci attra­ver­si, come un ven­to tra le gar­ze di una ten­da. Se non oppo­nia­mo resi­sten­za, se non appo­nia­mo un giu­di­zio, allo­ra quel­l’e­spe­rien­za ci “pas­sa den­tro”, facen­do vibra­re ciò che in noi esi­ste di simile.

Non è come aver real­men­te vis­su­to un fat­to, un even­to. Ma se usia­mo la sen­si­bi­li­tà allo­ra si può dav­ve­ro far teso­ro del­l’e­spe­rien­za di un altro.

“Simi­lia simi­li­bus curan­tur” era la fra­se pre­fe­ri­ta di Hah­ne­mann, l’in­ven­to­re del­l’o­meo­pa­tia moder­na. Allo stes­so modo in cui il simi­le cura il simi­le, al nostro inter­no il simi­le fa vibra­re il simi­le. Anche se poco in noi è asso­nan­te con ciò che ci attra­ver­sa, il solo fat­to di vibra­re in accor­do con l’e­spe­rien­za di un altro ren­de­rà più ric­co ciò che in noi vi è di simile.

Ripe­to, non è come vive­re qual­co­sa in pri­ma persona.

Ma se ci alle­nia­mo ad ascol­ta­re, ad acco­glie­re, qual­co­sa di quel­l’e­spe­rien­za ci può rima­ne­re dentro.

Per far­ci crescere.

E di gen­te che è pas­sa­ta di lì pri­ma di noi… in giro ce n’è tanta!

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4 Commenti
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Fede

Vero! Che bel­lo! Bravo!
:idiot:

Fede

Alcu­ni chia­ma­no ‘que­sta’, capa­ci­tà mimetica…

Layla

Suc­ce­de la stes­sa cosa anche con le ener­gie sot­ti­li del­le per­so­ne, se abbrac­ci qual­cu­no di ener­ge­ti­ca­men­te rile­van­te e ti abban­do­ni sen­za oppor­re resi­sten­za ti sen­ti let­te­ral­men­te attra­ver­sa­re. E’ una sen­sa­zio­ne mol­to for­te che al prin­ci­pio spa­ven­ta un po’ ma attra­ver­san­do­ti l’e­ner­gia del­l’al­tro si fon­de con la tua e vice­ver­sa, il lega­me (anche solo di ami­ci­zia, com’è capi­ta­to a me) si rafforza.
Noi la chia­mia­mo con­di­vi­sio­ne, è bel­lis­si­ma ma impa­ra­re a lasciar­si “attra­ver­sa­re” sen­za timo­re richie­de tem­po e fidu­cia nell’altro.
Un abbrac­cio, Layla.

Guillermo

Io aggiun­ge­rei sol­tan­to che lascian­do­si atra­ver­sa­re dal­l’e­spe­rien­za altrui ne assag­gia­mo cer­ta­men­te il sapo­re, ma così anche ci pre­pa­ria­mo all’e­spe­rien­za vera e propria…
:smo­king: