Ralph 124C41+. Era il 1911…

quan­do la moder­na fan­ta­scien­za vide i suoi nata­li. Pro­prio con un roman­zo di Hugo Gern­sback, da cui l’o­mo­ni­mo pre­mio let­te­ra­rio, inti­to­la­to Raplh 124C41+.

Mi è rica­pi­ta­to in mano in una vec­chia edi­zio­ne qual­che gior­no fa, men­tre cer­ca­vo di rimet­te­re un mini­mo d’or­di­ne nel­la mia biblio­te­ca. Non so quan­ti abbia­no let­to que­sto libro in Ita­lia, ma non cre­do mol­ti, se non pro­fon­da­men­te appas­sio­na­ti del gene­re.

Il roman­zo in sè è incre­di­bil­men­te inge­nuo se let­to con gli occhi di oggi ma se si pen­sa a quan­do fu scrit­to, nel 1911, ci si ren­de con­to che quel libro fu un auten­ti­co mira­co­lo, il capo­sti­pi­te di cen­ti­na­ia di miglia­ia di roman­zi, rac­con­ti, sto­rie e sto­riel­le che da quel gior­no tro­va­ro­no ragion di esse­re in rivi­ste come Astoun­ding Sto­ries e tan­te altre che a vol­te resi­ste­va­no solo per qual­che nume­ro ma qua­si mai man­ca­va­no di far sogna­re qual­che gio­vi­na­stro fan­ta­sio­so, come per esem­pio un cer­to Einstein. 

Sen­za quel roman­zo pro­ba­bil­men­te non avreb­be­ro visto la luce capo­la­vo­ri come “Uni­ver­so” di Hein­lein o “Slan” di A. E. Van Vogt. E lo stes­so Iain Banks di “Arma fina­le” pro­ba­bil­men­te si sta­reb­be anco­ra suc­chian­do i pollici.

Chis­sà se, sen­za quel libro, Frank Her­bert sareb­be riu­sci­to a con­ce­pi­re la mostruo­sa epo­pea degli Atrei­des, in quel­la visio­ne eso­te­ri­ca e tan­to pro­fon­da da richie­de­re sei volu­mi per dipa­nar­si nel­la sua mera­vi­glio­sa ampiez­za, che mol­ti cono­sco­no sem­pli­ce­men­te come “Dune”.

Già, per­chè Hugo Gern­sback in quel libro ave­va pre­vi­sto cose come le lam­pa­de al neon, il radar, le sca­le mobi­li, i video­fo­ni­niper­si­no lo ska­te­board.

Ma in real­tà non le ave­va pre­vi­ste; le ave­va pre­le­va­te diret­ta­men­te da quel mera­vi­glio­so mon­do in cui le idee sono anco­ra lì tut­te insie­me allo sta­to poten­zia­le, in atte­sa di qual­cu­no che, da bra­vo mano­va­le, si pren­da la bri­ga di cre­der­ci un po’ e di ren­der­le rea­li.

Un even­to alquan­to raro ai gior­ni nostri.

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