Perchè i sensi sono una fregatura immane

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Sono bel­li i sen­si, per­chè sono i nostri sen­so­ri per l’in­te­ra­zio­ne con l’am­bien­te. Ma sono anche un’im­men­sa fre­ga­tu­ra, per­chè quel­lo che pen­sia­mo esse­re la real­tà è sem­pre una rap­pre­sen­ta­zio­ne del­la stes­sa.

Pren­dia­mo la vista e un ogget­to da vede­re. L’og­get­to ha del­le carat­te­ri­sti­che fisi­che, ener­ge­ti­che e ter­mo­di­na­mi­che pecu­lia­ri e can­gian­ti nel tem­po. Que­sto è garan­ti­to per­chè il per­fet­to “cor­po nero” che si stu­dia in fisi­ca non esi­ste in natu­ra.

La luce col­pi­sce que­sto cor­po e, a secon­da del momen­to in cui lo fa, lo “inon­da” con una cer­ta quan­ti­tà di foto­ni. Que­sti foto­ni tra­sfe­ri­sco­no par­te del­la loro ener­gia all’0ggetto, alte­ran­do­ne la tem­pe­ra­tu­ra al pas­sa­re del tem­po.

La stes­sa luce vie­ne rifles­sa dal­l’og­get­to e si diri­ge ver­so il nostro occhio.

Già qui è suc­ces­so di tut­to. Una par­te del­la luce ha scal­da­to l’og­get­to, quin­di il suo pro­fi­lo ter­mo­di­na­mi­co è cam­bia­to e l’og­get­to non è già più quel­lo di pochi istan­ti pri­ma. Sarà un po’ più lar­go (o più stret­to a secon­da del mate­ria­le di cui è com­po­sto). La sua tem­pe­ra­tu­ra è cam­bia­ta di qual­che mil­le­si­mo di gra­do e quin­di anche la fre­quen­za del­la luce che riflet­te ha subi­to dei cambiamenti.

Tut­to mini­mo, ovvio, ma pur sem­pre rea­le. Già l’og­get­to è quin­di cam­bia­to men­tre la luce da esso rifles­sa non è anco­ra giun­ta al nostro occhio. Ma proseguiamo.

La luce entra attra­ver­so la cor­nea in cor­ri­spon­den­za del­la pupil­la. E’ un mate­ria­le orga­ni­co e tra­spa­ren­te ma è pur sem­pre semi­so­li­do; la fre­quen­za del­la luce cam­bia ulte­rior­men­te. Poi arri­via­mo al cri­stal­li­no, che pren­de l’im­ma­gi­ne, la rove­scia e la spa­ra sul­la reti­na. Inu­ti­le dire che qual­che cam­bia­men­to c’è sta­to nel frat­tem­po e quin­di la fac­cen­da si è com­pli­ca­ta. A que­sto pun­to l’im­ma­gi­ne, sem­pre capo­vol­ta, sol­le­ci­ta una cer­ta serie di cel­lu­le pre­sen­ti sul­la reti­na, cel­lu­le che rea­gi­sco­no ai dif­fe­ren­ti colo­ri (cioè alle fre­quen­ze) del­la luce che le col­pi­sce. E qui avvie­ne il miracolo.

L’im­ma­gi­ne vie­ne in qual­che modo scom­po­sta in una serie di impul­si elet­tri­ci e tra­smes­sa attra­ver­so il ner­vo otti­co, ver­so il cer­vel­lo (ricor­dia­mo­ci che è anco­ra capo­vol­ta). A que­sto pun­to tut­ti gli impul­si elet­tri­ci ven­go­no rac­col­ti e orga­niz­za­ti e inter­vie­ne il “soft­ware” cere­bra­le, che prov­ve­de a rove­scia­re nuo­va­men­te l’im­ma­gi­ne, asso­ciar­la con quel­la in arri­vo dal­l’al­tro occhio e sovrap­por­re le due imma­gi­ni in un’u­ni­ca visio­ne, tridimensionale.

Quin­di rias­su­men­do: il colo­re non è più quel­lo del­l’og­get­to ori­gi­na­le (la luce ha cam­bia­to fre­quen­za tre o quat­tro vol­te da quan­do l’ha lascia­to). Nem­me­no la for­ma è quel­la ori­gi­na­le (la luce è sta­ta dif­frat­ta da alme­no quat­tro mate­ria­li diver­si e quin­di ha cam­bia­to ango­lo, defor­man­do la sago­ma del­l’og­get­to). La per­ce­zio­ne del­la pro­fon­di­tà (ovve­ro del­la tri­di­men­sio­na­li­tà) del­l’og­get­to è otte­nu­ta via “soft­ware” con un siste­ma det­to “ana­gli­fi­co” mes­so in ope­ra dal cer­vel­lo, basa­to sul­la dif­fe­ren­za ango­la­re tra i due occhi. La posi­zio­ne del­l’og­get­to nel­lo spa­zio cir­co­stan­te è sta­ta defor­ma­ta dal­lo stes­so pro­ces­so che ne ha defor­ma­to la forma.

Lo stes­so ragio­na­men­to può esse­re fat­to per tut­ti i sensi.

La real­tà che ci cir­con­da non è cono­sci­bi­le tra­mi­te i sen­si. Occor­re far­se­ne una ragio­ne. Il fat­to che noi si rie­sca a far­ce­ne un’i­dea ragio­ne­vol­men­te rap­pre­sen­ta­ti­va non deve trar­re in ingan­no. La map­pa non è il ter­ri­to­rio. Può esser­ne una rap­pre­sen­ta­zio­ne mol­to fede­le ma non coin­ci­de con il territorio.

I sen­si ci dan­no un’i­dea di ciò che ci cir­con­da abba­stan­za pre­ci­sa da per­met­ter­ci di inte­ra­gi­re con la realtà.

Ma non ci dan­no alcu­no stru­men­to uti­le per pene­trar­ne a fon­do l’in­ti­ma essen­za.

Chia­ro ora per­chè si par­la di “ingan­no dei sen­si”? Sem­pli­ce­men­te per­chè, fino a quan­do non si svi­lup­pa­no altri stru­men­ti per inte­ra­gi­re con la real­tà, gli uni­ci a nostra dispo­si­zio­ne sono i sen­si e nes­su­no di loro può dare qual­co­sa di più che una rap­pre­sen­ta­zio­ne abboz­za­ta del mon­do che ci cir­con­da.

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sam

otti­mo spun­to …ma per osser­va­re che ?
se la nostra men­te acqui­si­sce que­sto con­cet­to come può ren­der­lo uti­le alla pro­pia vita ? di pri­mo slan­cio ver­reb­be da dire che a gran­di linee ci inten­dia­mo con il nostro pros­si­mo sul­la for­ma del­la real­tà che ci contiene,e tan­to basta, quindi…lasciamo la pal­la ai cer­vel­lo­ni in cattedra.
ma cre­do che non sia così…quindi rilan­cio a te Franz. 🙂

sam

ecco !! sul mot­to …non c’è dubbio !!

alla pros­si­ma.…

Sandro

Come ini­zio nien­te male… già que­sto but­ta nel ces­so milio­ni di paro­le scrit­te e det­te sull’argomento :)))