Un esperimento sull’inconsapevolezza.

Una noti­zia di due anni fa ma mol­to inte­res­san­te: Joshua Bell, uno dei più gran­di vio­li­ni­sti al mon­do, suo­na in inco­gni­to con il suo Stra­di­va­ri per cir­ca 45 minu­ti in una del­le prin­ci­pa­li sta­zio­ni del­la metro­po­li­ta­na di Washing­ton ma nes­su­no lo rico­no­sce e rice­ve scar­sa atten­zio­ne, come un sem­pli­ce musi­ci­sta da stra­da, gua­da­gnan­do poco più di 32 dollari. 

Un espe­ri­men­to orga­niz­za­to e fil­ma­to dal Washing­ton Post alle 8 del mat­ti­no in un nor­ma­le vener­dì di gen­na­io del 2007, men­tre tran­si­ta­va­no per la sta­zio­ne miglia­ia di per­so­ne.

Lo sco­po dell’esperimento era quel­lo di veri­fi­ca­re se, in un con­te­sto ano­ma­lo, la gen­te nor­ma­le avreb­be rico­no­sciu­to un famo­so e accla­ma­to arti­sta e, soprat­tut­to ne avreb­be rico­no­sciu­to il talen­to. Così non è sta­to, sor­pren­den­do non poco il famo­so musi­ci­sta che ha dichia­ra­to:

“è sta­to vera­men­te stra­no, era come se la gente…mi igno­ras­se. Quan­do ti esi­bi­sci per un pub­bli­co pagan­te il tuo valo­re è già rico­no­sciu­to. Ma lì, ho pen­sa­to: per­ché non mi apprezzano?”.

Tut­to que­sto nono­stan­te il livel­lo estre­ma­men­te ele­va­to del reper­to­rio pro­po­sto, alcu­ni tra i pez­zi più dif­fi­ci­li mai scrit­ti per vio­li­no tra cui la Ciac­co­na di Bach e l’Ave Maria di Scu­bert.

Tra le poche per­so­ne che han­no mani­fe­sta­to un vero inte­res­se di fron­te alla musi­ca ese­gui­ta dal famo­so vio­li­ni­sta c’è sta­to qual­che bam­bi­no, in par­ti­co­la­re uno di 3 anni che ha cer­ca­to più vol­te sen­za suc­ces­so di tira­re la mano del­la mam­ma per fer­mar­si ad ascol­ta­re.

Un espe­ri­men­to mol­to inte­res­san­te che dimo­stra in manie­ra ine­qui­vo­ca­bi­le il bas­so livel­lo di osser­va­zio­ne che in una situa­zio­ne nor­ma­le sia­mo in gra­do di met­te­re in atto, a cau­sa del­la man­can­za di con­sa­pe­vo­lez­za, del­la nostra inca­pa­ci­tà di esse­re sve­gli, pre­sen­ti a noi stes­si, come dice­va Gur­d­jeff “di ricor­dar­si di se”.

Vivia­mo costan­te­men­te immer­si in un flus­so mec­ca­ni­co ed incon­trol­la­to di pen­sie­ri che ci impe­di­sce di coglie­re vera­men­te la real­tà che ci cir­con­da, con tut­te le oppor­tu­ni­tà che ogni gior­no ci offre. Se esclu­dia­mo quei pochi momen­ti tran­si­to­ri in cui il peri­co­lo o la sor­pre­sa ci ripor­ta­no ad un momen­ta­neo sta­to di veglia, nel­la mec­ca­ni­ci­tà del­la vita quo­ti­dia­na, non adde­stra­ti all’osservazione, pas­sia­mo attra­ver­so l’intera nostra esi­sten­za, osser­van­do sem­pre di meno, con la men­te sem­pre più pie­na di con­di­zio­ni, pre­giu­di­zi, e fal­se idee su noi stes­si.

Non stu­pi­sce che tra i pochi ad aver “sen­ti­to” vera­men­te il vio­li­ni­sta suo­na­re vi sia sta­to un bam­bi­no di appe­na 3 anni. A quell’età la men­te e la per­so­na­li­tà sono anco­ra in for­ma­zio­ne e non han­no rice­vu­to anco­ra trop­pi con­di­zio­na­men­ti. Que­sto per­met­te loro di esse­re nel pre­sen­te, e solo nel pre­sen­te. Con l’età, cre­scen­do, si impa­ra a col­le­ga­re gli even­ti, con­ce­pen­do il pas­sa­to, nel qua­le sono con­te­nu­ti i ricor­di (le emo­zio­ni), ed il futu­ro (i pen­sie­ri, i progetti).

Se aves­si­mo la for­tu­na di veni­re edu­ca­ti all’ascolto di noi stes­si, sia all’interno che all’esterno, oltre che cre­sce­re con una per­so­na­li­tà mol­to più equi­li­bra­ta, riu­sci­rem­mo a man­te­ner­ci “bam­bi­ni”, rima­nen­do nel pre­sen­te sen­za rinun­cia­re alla capa­ci­tà acqui­si­ta di ricor­da­re e di progettare.

Se però abbia­mo la for­tu­na di accor­ger­ci da adul­ti di quan­to “dor­mia­mo”, pos­sia­mo deci­de­re di lot­ta­re e rie­du­car­ci alla capa­ci­tà di esse­re nel pre­sen­te, nel sin­go­lo istan­te, per impa­ra­re per la pri­ma vol­ta a vive­re vera­men­te, ad ascol­ta­re gli altri, ad ama­re.

Chi ha avu­to l’opportunità di pra­ti­ca­re alcu­ne disci­pli­ne psi­co­fi­si­che come lo Yoga, le Arti Mar­zia­li e la Medi­ta­zio­ne, con serie­tà e per un po’ di tem­po, sa qua­le sfor­zo costan­te ciò richie­da. Una lot­ta quo­ti­dia­na che ci vede cade­re mil­le e mil­le vol­te, nel­la qua­le la cosa fon­da­men­ta­le è riu­sci­re ogni vol­ta ad alzar­si il pri­ma pos­si­bi­le, sen­za per­de­re trop­po tem­po a pian­ger­si addos­so e a teme­re il giu­di­zio degli altri.

Ma tut­to que­sto è pra­ti­ca­men­te impos­si­bi­le sen­za l’aiuto di chi a sua vol­ta è già pas­sa­to per le stes­se dif­fi­col­tà, rie­du­can­do­si a sua vol­ta, risve­glian­do­si alla vita. Un aiu­to che ti per­met­te di non impan­ta­nar­ti nel­le mil­le trap­po­le ed illu­sio­ni di aver­ce­la fat­ta, di aver rea­liz­za­to vera­men­te qual­co­sa. Pro­prio quan­do si pen­sa di esse­re arri­va­ti, se si ha for­tu­na, la vita ti sbat­te in fac­cia con espe­rien­ze a vol­te dolo­ro­se i tuoi limi­ti e le tue ipo­cri­sie anco­ra pre­sen­ti, richia­man­do­ti all’umiltà e chie­den­do­ti un ulte­rio­re sal­to d’ottava.

Una bat­ta­glia che sem­bra sen­za fine, sen­za pos­si­bi­li­tà di vit­to­ria, ma che nell’amore e dedi­zio­ne alla pro­pria gui­da e alla sin­ce­ri­tà ver­so se stes­si fino in fon­do, può dive­ni­re uno sco­po per il qua­le la vita ha un sen­so.

Arri­va­re alla fine sapen­do di aver comun­que vis­su­to, indi­pen­den­te­men­te da come sono anda­te le cose.

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primularossa

Om shanti…imparare ad osser­va­re e cal­mar­si, per me la men­te è un con­ti­nuo stru­men­to da edu­ca­re, impazzito…così ho pro­va­to un bel cli­ste­re… poco poe­ti­co rispet­to al tuo arti­co­lo, ma oggi ho apprez­za­to la bel­lez­za di pas­sa­re tra le ban­ca­rel­le di un mer­ca­to, che ave­va­no il sapo­re di pae­se, di comu­ni­tà, a par­te i fin­ti sal­di!!! ho sco­per­to quan­to è pia­ce­vo­le usci­re un po’ pri­ma di casa e goder­si l’ar­ri­vo a lavo­ro pren­de­do­mi del tem­po per me. Occor­re ripro­gram­mar­si… all’a­scol­to di sè e a quan­to, poco anco­ra for­se, c’è di armo­ni­co nel mon­do, la musi­ca è anco­ra un’oa­si feli­ce di armo­nia da pro­teg­ge­re… una sor­ta di para­di­so, spe­ria­mo non in estin­zio­ne, se edu­che­re­mo i nostri figli ad essa e all’a­scol­to di sè.
Cadrò chis­sà quan­te altre vol­te, ma, se mi abban­do­no loro ci sono…a risollevarmi!
Gra­zie Franz

primularossa

Ah giu­sto, a pro­po­si­to di incon­sa­pe­vo­lez­za e osservazione!

Giuseppe

Gran­di veri­tà, Ilia. Ben det­to! Anche quel­la che non biso­gna mai pen­sa­re di esse­re arri­va­ti (e dove poi?) per­ché tan­to la vita ci pone sem­pre degli impre­vi­sti sul cam­mi­no, met­ten­do alla pro­va la nostra capa­ci­tà di esse­re sve­gli, vera­men­te pre­sen­ti e…in gra­do di adat­tar­ci al “nuo­vo” che incalza.

Fede

bel­la mos­sa Ilia. Peral­tro tu dici: non è dif­fi­ci­le rad­driz­zar­si ma, piut­to­sto, il dif­fi­ci­le è resta­re dritti…
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