Ricordarsi del cuore.

Guar­da­te dove un gat­to ed un cor­vo, due ani­ma­li mol­to diver­si che in natu­ra sono piut­to­sto schi­vi e dif­fi­den­ti uno ver­so l’altro, in que­sto caso si com­por­ta­no come fra­tel­li. Sem­bra un car­to­ne ani­ma­to del­la Walt Disney.

illusioneNoi esse­ri uma­ni inve­ce, anche aven­do lo stes­so cor­po, con due brac­cia e due gam­be, fac­cia­mo una fati­ca infi­ni­ta per svi­lup­pa­re un rap­por­to come quel­lo che que­sti due ani­ma­li dimo­stra­no nel­la loro natu­ra­lez­za. Loro ovvia­men­te sono appun­to solo ani­ma­li, sen­za la poten­zia­li­tà di diven­ta­re coscien­ti di se e quin­di con tan­ti pro­ble­mi in meno. Vivo­no nel pre­sen­te, muo­ven­do­si solo per una leg­ge d’istinto che mira alla con­ser­va­zio­ne del­la spe­cie all’interno del­la qua­le, come ogni ani­ma­le dota­to di una strut­tu­ra suf­fi­cien­te­men­te com­ples­sa, si muo­vo­no alla ricer­ca del pia­ce­re.

Il rap­por­to con gli altri gio­ca un ruo­lo fon­da­men­ta­le in tal sen­so. Sfor­tu­na­ta­men­te la coscien­za di quel­lo che sia­mo real­men­te è qual­co­sa che abbia­mo solo in poten­za, che per esse­re rea­liz­za­ta richie­de un gran­de lavo­ro su se’ stes­si, par­ten­do appun­to dall’osservazione che non sap­pia­mo chi sia­mo e che la mag­gior par­te del­le idee che abbia­mo su noi stes­si è fal­sa.

Ma ren­der­si con­to di que­sto è dif­fi­ci­le e anche se si ha la for­tu­na di riu­sci­re a scor­ger­ne par­zial­men­te la veri­di­ci­tà, l’il­lu­sio­ne di sape­re chi sia­mo e cosa voglia­mo dal­la vita con­ti­nua ad accom­pa­gnar­ci e a far­ci com­por­ta­re con la pre­sun­zio­ne e l’arroganza di sempre.

Così i rap­por­ti con gli altri diven­ta­no spes­so dopo un po’ del­le guer­re, logo­ra­ti dal­le nostre richie­ste egoi­sti­che, dal­le nostre aspet­ta­ti­ve che deri­va­no appun­to dall’ignoranza su noi stes­si. Per­ché è mol­to più faci­le cer­ca­re all’esterno di noi, in qual­cun altro qual­co­sa che riem­pia il nostro vuo­to, la nostra non esi­sten­za inve­ce che deci­de­re di guar­dar­la a viso aper­to, cer­can­do­ne la solu­zio­ne al nostro interno.

Chi scri­ve non è asso­lu­ta­men­te eman­ci­pa­to da que­sto gio­co illu­so­rio e ne vive ogni gior­no l’inutile sof­fe­ren­za. Tal­vol­ta, quan­do la men­te è trop­po stan­ca di lot­ta­re non tro­van­do razio­nal­men­te via d’uscita alle incom­pren­sio­ni, rie­sco a ricor­da­re a me stes­so l’importanza di cam­bia­re pun­to di vista, di non rima­ne­re aggrap­pa­to alla mia visio­ne par­zia­le del­le cose, indi­pen­den­te­men­te da quan­to in essa ci sia di vero.

E così, scen­den­do all’interno di una per­ce­zio­ne più emo­ti­va, gui­da­ta dal cuo­re, rie­sco a recu­pe­ra­re una per­ce­zio­ne più cal­da del mon­do che mi cir­con­da, in cui ciò che pen­so sia giu­sto o sba­glia­to per­de di significato.

Suben­tra allo­ra una strug­gen­te malin­co­nia, che come il suo­no di un vio­li­no suo­na­to al tra­mon­to, lascia spa­zio ad un ane­li­to di uni­tà, che den­tro di me so esse­re sem­pre pre­sen­te anche nei momen­ti più dif­fi­ci­li, come il cal­do sor­ri­so di un padre che amo­re­vol­men­te guar­da i pro­pri gio­va­ni figli cre­sce­re.

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carlamariacasini

Gra­zie Franz, sem­pre più mi con­vin­co che die­tro una rude scor­za c’è un esse­re estre­ma­men­te sen­si­bi­le e deli­ca­to. E’ bel­lo cono­scer­ti anche se non ci par­lia­mo mai Carla