Restare dritti. Un lusso!

Spes­so ho usa­to que­sta allo­cu­zio­ne: “Resta­re drit­ti”. Non è mia, mi vie­ne da chi mi ha inse­gna­to, e che spe­ro anco­ra non sia arri­va­to a ver­go­gnar­si di me.

Resta­re drit­ti signi­fi­ca… esse­re; for­se solo un aspet­to di que­sta dif­fi­ci­le atti­vi­tà, ma sicu­ra­men­te uno dei più significativi.

Resta­re drit­ti signi­fi­ca non pie­gar­si. Di fron­te alla vio­len­za, ma anche di fron­te all’i­gno­ran­za. Soprat­tut­to in rife­ri­men­to al pro­prio sentire.

Ave­te pre­sen­te Mel Gib­son quan­do gri­da “LIBERTAAAAAAA!” men­tre lo squar­ta­no? O Gior­da­no Bru­no quan­do guar­da l’ul­ti­ma alba del­la sua vita pri­ma di esse­re bru­cia­to sul rogo? Ecco, quel­lo è sta­re dritti!

Non è faci­le. Per nes­su­no. Per­chè sta­re drit­ti signi­fi­ca anche e soprat­tut­to esse­re sin­ce­ri. Per pri­ma cosa ver­so se’ stes­si. Ma come si fa ad esse­re sin­ce­ri al 100% in un atti­mo? Non è pos­si­bi­le, per­chè noi sia­mo sem­pre e comun­que un fal­so, dovu­to a quan­to in noi si muo­ve per meccanicità.

Se qual­co­sa al mio inter­no si muo­ve pro­dot­to da mec­ca­ni­ca e non da esse­re, allo­ra io non potrò esse­re sin­ce­ro, nono­stan­te tut­ti i miei sfor­zi e i miei inten­di­men­ti. Si può ten­de­re alla sin­ce­ri­tà, ma arri­var­ci è un altro piscia­re, come si suol dire.

Per intan­to però qual­co­sa pos­sia­mo fare. Fare in modo che quel­lo che sen­tia­mo come vero, riman­ga tale. A dispet­to di quan­to ci può costare.

rogo-pantasima-1Non sto par­lan­do di rigi­di­tà, ma del suo esat­to con­tra­rio. Testi­mo­nia­re con la nostra essen­za ciò che rite­nia­mo abbia un sen­so. E’ sem­pli­ce, e al tem­po stes­so com­ples­so, per non dire alcu­ne vol­te impossibile.

Per­chè ogni vol­ta che ci muo­via­mo in que­sto sen­so, guar­da caso andia­mo incon­tro alla soli­tu­di­ne. Il grup­po ci rifiu­te­rà, per­ché rifiu­te­re­mo di muo­ver­ci secon­do le sue logi­che. La socie­tà farà fati­ca ad accet­tar­ci, per­ché non ci muo­ve­re­mo secon­do i suoi canoni.

Qua­l’è allo­ra la solu­zio­ne? Sem­pli­ce! Muo­ver­ci dal­l’in­ter­no. Accet­ta­re la com­ple­ta immer­sio­ne in quel­le mec­ca­ni­che che non ci appar­ten­go­no e dimo­stra­re che le stes­se mec­ca­ni­che pos­so­no esse­re tra­sce­se, par­ten­do dal­le mec­ca­ni­che stesse.

Dif­fi­ci­le inve­ro, muo­ver­si in tal modo. Signi­fi­ca spor­car­si le mani al mas­si­mo. Ma quel­lo che ne può sca­tu­ri­re è magni­fi­co, per­ché tut­ti colo­ro che sono sog­get­ti a quel­le mec­ca­ni­che sapran­no, ine­qui­vo­ca­bil­men­te, che quel­le sono, appun­to, del­le meccaniche.

Qual­co­sa che può esse­re tra­sce­so nono­stan­te l’ap­pa­ren­te tota­le immanenza.

Come dice Nietzsche:

Qui­d­quid luce fruit, tene­bris agit

Tut­to ciò che è lumi­no­so, si muo­ve nel­le tenebre.

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4 Commenti
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cathe

Caro Franz que­sto arti­co­lo è mera­vi­glio­so, come lo è aver­ti vicino.

Benedetta

with compliments.….arriva dritto

Franz
Reply to  Benedetta

Thanks dar­ling!