Ricerca della verità e meditazione 18 – per stare qui (ora)

Se qual­cu­no ha pro­va­to a fare l’e­spe­ri­men­to del post pre­ce­den­te, avrà sicu­ra­men­te nota­to che i risul­ta­ti sono a vol­te stupefacenti.

Qual­cu­no in effet­ti mi ha scrit­to (in pri­va­to, per cui non rive­le­rò il nome nep­pu­re sot­to tor­tu­ra) dicen­do­mi che ha avu­to giu­sto il tem­po di pen­sa­re “Ok, lo fac­cio” per poi tro­var­si alle otto di sera, in tre­no men­tre tor­na­va a casa, con la curio­sa sen­sa­zio­ne di aver dimen­ti­ca­to di fare qual­co­sa. La stes­sa per­so­na dice­va nel­la sua mail:

“E’ sta­to incre­di­bi­le. Ho pro­va­to a rico­strui­re i ricor­di che ave­vo del­la gior­na­ta, dal momen­to in cui mi sono det­ta quel­la cosa, fino a quel momen­to, e mi è venu­to il dub­bio di esse­re sta­ta dro­ga­ta. Era pro­prio come ave­vi det­to tu. Andan­do a ritro­so ave­vo giu­sto un flash di quan­do ho tim­bra­to il car­tel­li­no in usci­ta, e qual­co­sa duran­te il pome­rig­gio, quan­do ho chia­ma­to mio figlio, e in un paio di altre occa­sio­ni. Tut­to il resto era solo la “sen­sa­zio­ne” di ricor­da­re qual­co­sa, ma nul­la di pre­ci­so. Io pen­sa­vo che fos­si uno sce­mo qual­sia­si, ma quan­do mai mi è sal­ta­to in men­te di pro­va­re a fare quel­lo che pro­po­ne­vi! Ades­so per cita­re il tuo mot­to, ho il dub­bio che tu abbia ragio­ne, e la cosa mi ren­de abab­stan­za ner­vo­sa. Che fare?”

Ecco! Que­sta, detec­ti­ve, è la doman­da giu­sta! (per cita­re “Io, Robot”).

Cre­do che la rispo­sta a que­sta doman­da pos­sa esse­re una sola: Nul­la, quan­to meno dal pun­to di vista del­le azio­ni fisiche.

Ma qual­co­sa inve­ce dal pun­to di vista men­ta­le c’è. Quel­lo che ci man­ca, per ren­de­re la nostra pre­sen­za alla vita sem­pre più rea­le, anzi­chè bur­le­sca come nor­mal­men­te è, è una sor­ta di “ricor­do” del­la nostra esi­sten­za. Una cosa che in mol­te cul­tu­re vie­ne defi­ni­ta “il ricor­do di sè”. Il pro­ble­ma è arri­var­ci, dato che abi­tual­men­te ten­dia­mo a dimen­ti­car­ci anche che dob­bia­mo ricor­dar­ci di fare qualcosa.

Per far­lo un siste­ma abba­stan­za sem­pli­ce, e che richie­de uno sfor­zo solo men­ta­le, è quel­lo di cer­ca­re di “veder­ci” da fuo­ri. Una spe­cie di foto­gra­gia men­ta­le, da scat­ta­re quan­do ci ricor­dia­mo di far­lo. Non è dif­fi­ci­le come sem­bra. Biso­gna solo cer­ca­re di “vede­re” la nostra espres­sio­ne, come se fos­si­mo davan­ti ad uno specchio.

L’es­se­re uma­no for­tu­na­ta­men­te è dota­to di un mec­ca­ni­smo chia­ma­to pro­prio­ce­zio­ne, ovve­ro la per­ce­zio­ne di se’. E’ que­sto mec­ca­ni­smo che vie­ne usa­to quan­do si scat­ta la foto.

All’i­ni­zio, ci ricor­de­re­mo di far­lo for­se un paio di vol­te nel­la gior­na­ta, ma poi la cosa aumen­te­rà di fre­quen­za. Pro­va­re per credere.

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