Sul lago di notte

Nien­te da fare; for­se il vino, ma mol­to più pro­ba­bil­men­te il mio pie­de che schiac­cia­va l’acceleratore un po’ in modo disu­gua­le, le sta­va­no ren­den­do l’operazione deci­sa­men­te complicata.
Non rima­si mol­to con lo sguar­do sui suoi capel­li però.

Cre­do che la col­pa fos­se dei seni, che più che occhieg­gia­re si affac­cia­va­no dal­la scol­la­tu­ra del vesti­to. O for­se del­le cosce, altret­tan­to ansio­se di usci­re dai rigo­ri di un abi­to sfac­cia­ta­men­te aderente.

Imboc­cai una del­le mie soli­te “stra­de dia­bo­li­che”; pic­co­le vie secon­da­rie, che pur costeg­gian­do il lago si per­de­va­no in mez­zo alle col­li­ne, che in quel trat­to abbon­da­va­no, pur sen­za far dege­ne­ra­re la mac­chia in una giun­gla incolta.

Frank Sina­tra in sot­to­fon­do riba­di­va il suo ego nell’eterna “My Way” quan­do a metà di un ret­ti­li­neo, sen­za nes­sun pre­av­vi­so, la cosa mi sfug­gì di mano.

“Devo fare la pipì, ti fer­me­re­sti un momen­to? “ Dis­se lei, accom­pa­gnan­do le paro­le con un vir­gi­na­le balu­gi­no di den­ti per­fet­ti, sor­mon­ta­to da due occhi­gri­gi come il mare in tempesta.

Fer­mai la mac­chi­na con cal­ma, acco­stan­do quel tan­to che basta­va per lasciar­le lo spa­zio per esple­ta­re il bisogno.

Non potei fare a meno di appro­va­re la vista di quel­le lun­ghis­si­me gam­be che pro­iet­ta­va­no il resto di quel­la sta­tua fuo­ri del­la mac­chi­na con una ele­gan­za­pie­na di ener­gia. Nono­stan­te una lun­ga espe­rien­za in meri­to dovet­ti rico­no­sce­re che quel­la ragaz­za era deci­sa­men­te supe­rio­re alla media.

La osser­vai por­tar­si ina­spet­ta­ta­men­te di fron­te al muso del­la mac­chi­na ed allon­ta­nar­si, men­tre con fare qua­si distrat­to lan­cia­va il reg­gi­se­no in mez­zo aice­spu­gli a lato del­la strada.

“Però!” Pen­sai, e mi acce­si una sigaretta.

Un altro pas­so in là, e fu la vol­ta del top. Schie­na per­fet­ta, da bal­le­ri­na. Anco­ra un pas­so, e la mano pas­sò alla gon­na, che si slac­ciò sen­za dar­ne parere.

I glu­tei abbron­za­ti pro­se­gui­va­no dal­le cosce tor­ni­te e musco­lo­se, ter­mi­nan­do­le come due capi­tel­li. Osser­vai che gli slip dove­va­no esse­re un optio­nal per­quel­la ragaz­za. Infat­ti non li portava.
Scrol­lai la cene­re del­la siga­ret­ta pra­ti­ca­men­te in sin­cro­nia con le sue mani che rav­via­va­no i capel­li sul­le spal­le dise­gna­te e defi­ni­te, quan­do vi fu un fre­me­re di musco­li appe­na visi­bi­le sot­to la pel­le dei pol­pac­ci e del­le cosce, men­tre diva­ri­ca­va le gam­be a caval­lo del­la stri­scia di mez­ze­ria. Vidi il suo tron­co pie­gar­si in avan­ti len­ta­men­te, men­tre le gam­be rima­ne­va­no tese come due bastoni.

Frank Sina­tra lasciò ele­gan­te­men­te il posto a Bud­d­ha Bar pro­prio nel momen­to in cui il suo vol­to ritor­nò visi­bi­le da in mez­zo a quel­le gam­be che ades­so offri­va­no una vista com­ple­ta di una vul­va per­fet­ta­men­te depi­la­ta, con del­le lab­bra car­no­se come foglie di ficus (ades­so capi­vo il per­ché del nome).

Mi sor­ri­se, per ritor­na­re eret­ta subi­to dopo, men­tre ini­zia­va a fare oscil­la­re il baci­no, e con­tem­po­ra­nea­men­te a pie­ga­re le ginoc­chia, acco­scian­do­si len­ta­men­te ver­so l’asfalto. Acce­si gli abba­glian­ti natu­ral­men­te, pro­prio nel momen­to in cui le pri­me goc­ce anda­va­no a cade­re esat­ta­men­te sul­la stri­scia bian­ca. Osser­vai il riga­gno­lo dora­to che si for­ma­va, defluen­do len­ta­men­te ver­so il ciglio del­la strada.

Quan­do ebbe fini­to ruo­tò sul busto, guar­dan­do­mi drit­to negli occhi. Pia­no pia­no sol­le­vò una mano ver­so di me, facen­do­mi segno di avvicinarmi.

Die­di la tira­ta fina­le alla Marl­bo­ro, la get­tai e ingra­nai la pri­ma, men­tre lei si vol­ta­va di nuo­vo a dar­mi le spal­le, qua­si in un gesto di sfida.
Arri­vai len­ta­men­te die­tro di lei, fin qua­si a sfio­rar­le le cavi­glie con lo spoi­ler. Scesi.

Il suo cor­po era ora solo una sago­ma nera, in silo­huet­te sul fascio dei pro­iet­to­ri dell’auto. Alzò le brac­cia sopra la testa; abbas­sò il baci­no fino a tro­va­re il cofa­no del­la Por­sche, e si lasciò anda­re all’indietro. Quan­do toc­cò la lamie­ra cal­da con la pel­le del­la schie­na si lasciò sfug­gi­re un bre­ve gemi­to, inar­can­do­si ed offren­do­mi i suoi seni pie­ni, su cui i capez­zo­li si erge­va­no eretti.

Più tar­di, ingra­nai di nuo­vo la pri­ma, osser­van­do la mia ospi­te rilas­sa­ta sul sedile.

“Però!” pen­sai di nuo­vo men­tre mi accen­de­vo un’altra Marlboro.

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6 Commenti
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Andrew78

DOV’E’ QUELLA STRADA? MI APPOSTO!!!

Jhonnino

Franz, cosa man­gi a colazione? ;)))

Alberto

;))))

toni

…fumi trop­po ‚come me! :smo­ke­red:

Franz
Reply to  toni

Ma sei anda­to pro­prio indie­tro nel tem­po, a quan­to vedo! :muah: :muah: :muah: